Obiettivo contagio zero. Come fare?

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Gli studi scientifici ci dicono che se ognuno di noi indossasse una mascherina e si mantenesse distante almeno un metro (meglio due) dal prossimo, incrociare un essere vivente, non dovrebbe comportare nessun pericolo di contagio.

Attenendoci soltanto a queste due semplici direttive, distanza e mascherina, contagiarsi dovrebbe essere impossibile. Allora perché dopo essere stati costretti a rispettare il lockdown, nella cosiddetta fase 2 le limitazioni sono ancora presenti in maniera marcata?

Forse qualcuno crede che la maggior parte degli italiani non rispetteranno le regole?

Forse si pensa che sarà impossibile controllare ciò che avverrà per strada, nei locali, nei mezzi di trasporto, nel territorio, nei vari luoghi di lavoro?

Oppure si pensa che sarà impossibile garantire una mascherina ad ogni cittadino?

Dubbi, sospetti, non so. Io mi soffermo su una considerazione fondamentale e mi chiedo: cosa o chi ha permesso ad oggi, di ridurre i contagi (non parlo di guarigioni, per quelle ringraziamo medici e operatori sanitari)?

Personalmente ho soltanto una risposta, il lockdown e la quarantena familiare.

L’isolare i cittadini tra loro ha evitato una situazione ancora più grave di quella che abbiamo vissuta o di quella che stiamo ancora vivendo.

Abbiamo presente cosa sia successo nelle RSA o in molti reparti ospedalieri dove sono stati trasferiti pazienti, spesso anche con tamponi negativi, che dopo pochi giorni si sono positivizzati? Una miriade di incontrollabili contagi.

Là dove sono avvenuti più incroci e/o contatti, soprattutto senza mascherine, i focolai si sono moltiplicati.

Mettere in circolo, da oggi 4 maggio, altri 4, 5 milioni di italiani, significherà affrontare la prima vera prova del fuoco, dove al posto dell’isolamento familiare, per garantire meno contagi possibili, dovrà corrispondere una grandissima organizzazione da parte delle industrie, delle ditte, delle aziende dei trasporti nonché un positivo atteggiamento di tutti i pedoni che inizieranno ad invadere, strade, marciapiedi, stazioni, locali, fabbriche etc.

A fianco di tutte queste precauzioni, sarebbe opportuno, eseguire il tampone a tutti quei cittadini che si accingono ad uscire di casa dopo un lungo periodo di quarantena, nonché a tutti quei cittadini che non hanno mai smesso di farlo per la tipologia della loro professione.

Meno gente positiva/asintomatica ci sarà in giro, meno saranno i rischi di contagi.

Purtroppo i sintomatici, in quanto tali, si rivolgono subito alle strutture sanitarie e in teoria, se positivi, verranno posti in quarantena o nei casi più gravi ricoverati. Per questo è importantissimo intercettare gli asintomatici.

Non bisogna considerare un atto di cattiveria il non voler riaprire tutto e subito, ma semplicemente un modo per non sprecare quanto di buono, grazie al sacrificio di tutti, è stato raggiunto ad oggi.

Dobbiamo riflettere e pensare che addirittura,un semplice e banale contatto, spalla contro spalla, con un altro cittadino (positivo) potrebbe essere fonte di contagio, perché, ad esempio, uno potrebbe toccarsi la spalla colpita per il dolore e poi involontariamente, mettersi la mano in bocca o strofinarsi gli occhi e il contagio divenire triste realtà.

Anche la semplice consumazione di un caffè potrebbe essere fonte di contagio. Il barman (non me ne vogliano i baristi è giusto un esempio, ma potrei prendere in considerazione qualsiasi altro professionista) posa la tazza di un cliente che ha appena bevuto un caffè (ovviamente supponiamo sempre che quel cliente sia positivo), subito dopo mi passa la mia tazzina, io bevo e poi mi porto involontariamente le mani in bocca o mi tocco gli occhi e anche in questo caso, il gioco è fatto.

Questo passaggio può avvenire anche se mi tengo al bracciolo del tram e poi metto la mano in bocca oppure prendendo un articolo al supermercato, o ancora, in un giornalaio, questi ultimi esempi si riferiscono a tipologie di lavori che sono rimasti sempre aperti, per l’utilità del lavoro stesso e/o per la facilità di gestione.

Diciamo che in alcune tipologie di lavoro, soprattutto in questa prima fase dove il virus è ancora molto presente, i contatti a causa di presenze multiple, di spazi a volte ridotti, il dover bere o mangiare (quindi togliere la mascherina e magari in quel preciso istante, tossire o starnutire …) diventano meno gestibili e molto più rischiosi da controllare o schematizzare.

Ho fatto questi esempi per dire che questa possibile catena, sottolinea l’importanza dell’atteggiamento e della responsabilità che ricade su ogni cittadino e secondo me, evidenzia anche l’inutile utilizzo dei guanti, se gli stessi non si cambiano o se non si igienizzano, ad ogni operazione. Vale per tutti, in casa come in altri luoghi.

Se il barista o chi per esso prende la tazza del cliente infetto, la ripone a lavare e poi mi passa la mia tazzina, nulla cambia se ha i guanti oppure no. Per avere la certezza di non essere contaminati, gli stessi vanno cambiati in continuazione o vanno disinfettati/lavati ad ogni operazione e a quel punto, tanto vale che lavi o disinfetti direttamente le mie mani.

Molti pensano che potrebbero essere utili perché un paziente positivo, indossando i guanti non entrerebbe in contatto diretto con le superfici, ma se il soggetto dovesse starnutire o tossire sui guanti, toccarsi gli occhi e successivamente si appoggiasse ad una qualsiasi superficie, ecco che la contaminazione avverrebbe lo stesso.

Prima di terminare, permettetemi di fare un ultima considerazione: per evitare inutili rischi, è opportuno indossare le mascherine anche in luoghi aperti, perché se io sto passeggiando da solo e starnutisco o tossisco senza mascherina, le mie goccioline che rimangono in aria, potrebbero “colpire” il pedone che magari è dietro di me o che sta per spuntare dall’angolo di strada che ci è prossimo.

Non aprire tutto subito e rinviare l’apertura tra 10/15 giorni di tutte quelle attività dove il contatto o la presenza di molte persone è più difficile da isolare, non significa fregarsene di quei cittadini che non potendo lavorare, spesso vanno in difficoltà economica, bensì farlo con maggior sicurezza in un secondo tempo, in questo modo, contribuiremo a rendere la fase 2 e quelle successive, più sicure e più durature per tutti.

Partiamo e testiamo questa seconda fase, con numeri e dati più controllabili ed analizzabili, rispetto ad un “tutti liberi”, facciamo un ultimo sforzo e speriamo di riportare il fattore di contagiosità pari a zero (o quasi).

E’ ovvio che di fronte a questi ritardi, tutti i lavoratori, tutte le partite Iva e le aziende in genere che al momento non hanno reddito perché costretti alla chiusura, hanno diritto in tempi brevissimi (va assolutamente rivisto il meccanismo attuale che pare non stia funzionando alla perfezione), ad un sostegno da parte dello Stato che possa garantire loro, dignità e possibilità di soddisfare i propri bisogni.

Concludo invitando e ricordando a tutti che per raggiungere l’obiettivo del contagio zero (o quasi), non dipenderà soltanto dalle scelte politiche, dagli esperti o dai medici, ma, come ho già detto, soprattutto dal comportamento di ogni singolo cittadino, che con piccoli, semplici e sistematici gesti, sarà decisivo per raggiungere il tanto agognato traguardo della libertà.

Un operatore sanitario

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