Sconto ecobonus, no di Confartigianato. Rischi per il settore costruzioni di Varese

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VARESE – «Impossibile sostenere i costi, a risentirne sarebbero la concorrenza e il mercato. Guai a dilapidare un patrimonio che favorisce il lavoro, l’ambiente, il recupero del patrimonio e gli stessi clienti». Con queste parole Davide Galli, presidente di Confartigianato Imprese Varese, ha criticato lo sconto in fattura dell’ecobonus previsto dal decreto Crescita. Come spiegato nel comunicato diffuso ieri, mercoledì 17 luglio, dall’associazione di categoria, il provvedimento rischierebbe di penalizzare ottomila Pmi (tante sono quelle con meno di 50 dipendenti) del settore costruzioni che, in provincia di Varese, ne costituiscono la quasi totalità (99,9%).

Può creare restrizioni della concorrenza

A far scattare la protesta delle circa ottomila aziende del territorio è stato quanto prevede l’articolo 10 del decreto Crescita, che introduce una nuova opzione per usufruire delle agevolazioni fiscali per gli interventi connessi all’ecobonus e al sismabonus. Si tratta dello sconto immediato, da rimborsare all’azienda sotto forma di credito di imposta utilizzabile solo in compensazione, in cinque quote annuali di pari importo. Sulla questione nei giorni scorsi era scesa in campo anche l’Autorità garante della concorrenza e del mercato facendo rilevare che la norma «appare suscettibile di creare restrizioni della concorrenza nell’offerta di servizi di riqualificazione energetica a danno delle piccole e medie imprese, favorendo i soli operatori economici di grandi dimensioni».

Agevolazioni solo apparenti

«Una posizione che condividiamo su tutta la linea e rilanciamo con forza» è intervenuto Galli, preoccupato per i danni che la scelta del legislatore rischia di arrecare a un settore che in provincia occupa 17.274 addetti, cioè il 96,5 del totale e, «purtroppo, negli ultimi anni ha già pagato un prezzo salatissimo alla crisi, perdendo il 4% degli occupati». Troppi per non alzare il cartellino rosso e chiedere una retromarcia immediata. Anche perché «solo in apparenza il provvedimento agevola l’utenza finale. Alla lunga, è la nostra previsione, il rischio è che anche i prezzi tendano a lievitare e che la concorrenza finisca col ridursi». La questione è stata portata all’attenzione dell’Authority anche dal presidente nazionale di Confartigianato Imprese, il varesino Giorgio Merletti, che in una lettera a Roberto Rustichelli ha parlato fuor di metafora. «Con questo provvedimento si scarica direttamente sull’impresa, quasi sempre di piccole dimensioni, gran parte dell’onere finanziario derivante dal costo dell’intervento stesso. La previsione che questa misura sia opzionale è peraltro opinabile, in quanto è irreale prevedere che un contribuente opti per l’utilizzo delle detrazioni fiscali, il cui importo può scontare in dieci anni, potendo usufruire immediatamente della stessa somma».

Un tesoretto con tre pilastri

Insomma, «l’idea, per quanto bella e suggestiva, di un ecobonus scontato direttamente in fattura non è a nostro avviso praticabile e rischia di alimentare una domanda che non potrà essere soddisfatta e, sommata ad altri provvedimenti, genererà un problema di liquidità non facilmente superabile. Del resto, il sistema delle incentivazioni fiscali era stato individuato come provvedimento per rilanciare e sostenere l’economia del settore delle costruzioni, precipitato nel 2008 in una recessione senza precedenti, favorendo contemporaneamente l’innovazione e la sostenibilità del patrimonio immobiliare italiano e il rilancio dei consumi».
Buone prassi che rischiano di rimanere congelate, tanto più alla luce dell’andamento non ottimale dell’ecobonus in Regione Lombardia, dove nell’ultimo anno gli investimenti attivati sono diminuiti del 6,7%, distribuendosi perlopiù tra serramenti, pareti verticali, caldaie a condensazione e pareti orizzontali o inclinate.
In provincia di Varese, il pacchetto ecobonus ha avuto nel 2018 un valore in investimenti pari a circa 66,71 milioni di euro per circa 6.800 interventi. In Lombardia ha toccato i 784,9 milioni di investimenti per 80mila interventi. «Un tesoretto che poggia su tre pilastri: le imprese, alle quali arriva una importante dose di ossigeno; il patrimonio immobiliare e l’ambiente, che beneficia di riqualificazioni orientate all’ecosostenibilità e i cittadini, che grazie a questi incentivi vedono sensibilmente alleggerito il peso dell’intervento: possiamo permetterci di dilapidare tutto?». Domanda retorica, per una risposta che le imprese danno per scontata.

Fuori mercato dal quarto anno

L’Ufficio studi di Confartigianato ha preso a riferimento un’impresa con un titolare e quattro dipendenti che rientra per numero di addetti, tra 2 e 9, nella classe più numerosa del settore delle costruzioni. Sulla base dei dati Istat sulla struttura delle imprese si è ipotizzato un fatturato di 403mila euro. Tenuto conto della redditività media della classe di volume d’affari desumibile dalle statistiche fiscali del Mef, sono stati confrontati, nell’arco di un quinquennio, l’importo da scontare alla clientela e quelli relativi a imposte dirette, indirette e contributi che possono essere compensati.
Nel caso in cui ristrutturazioni e interventi per efficienza energetica pesino per il 50% del fatturato dell’impresa, è emerso che la norma, dal quarto anno, metterebbe fuori mercato l’impresa tipo. Tra Irpef sul reddito del titolare, ritenute versate per i dipendenti, contributi previdenziali del titolare e dei dipendenti, Irap e versamenti Iva (nelle costruzioni mediamente il 2,2% del volume d’affari) verrebbero infatti versati all’erario oltre 70mila euro all’anno. Nei primi tre anni lo sconto praticato ai clienti sarebbe inferiore alla somma e consentirebbe il completo recupero. Ma già dal quarto anno non succederebbe e l’impresa sarebbe costretta a rinunciare all’86,9% degli interventi incentivati; nel quinto la rinuncia per incapienza sarebbe totale. E, nell’arco dell’intero quinquennio, la riduzione del fatturato sul segmento interessato dalle detrazioni fiscali risulterebbe del 37,4%.

Non crescita, ma altre rendite di posizione

È quindi evidente che «rilevanti segmenti di mercato, oggi presidiati dalle Pmi, fluirebbero – come evidenziato dall’Antitrust – verso imprese di grandi dimensioni, che presentano rilevanti importi di pagamenti nei confronti dell’erario e sono dotate di un’adeguata capacità finanziaria per far fronte allo sconto in fattura. Lo spazio di mercato si spalancherebbe anche a settori diversi da quello dalle costruzioni, come quello delle utilities, caratterizzate da una maggiore presenza di grandi imprese pubbliche: sulla base dei dati strutturali delle imprese dell’Istat nel settore della fornitura di energia elettrica, gas e utilities le medie e grandi imprese a partecipazione pubblica concentrano il 51,1% dell’occupazione dell’intero settore». Come ha concluso Galli, «in questa prospettiva si concretizzerebbe il paradosso di norme orientate alla crescita che, invece di sostenere le piccole imprese private delle costruzioni, rischierebbero di generare ulteriori spazi di rendita di posizione». La richiesta è chiara: retromarcia subito. L’ecobonus non si trasformi nello sconto delle grandi.

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