Elezioni: il governo vince, il governo perde

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All’indomani dell’esito elettorale di Emilia Romagna e Calabria la domanda è persino scontata: che cosa accadrà ora al governo? L’appuntamento con le urne di domenica 26, seppure regionale, limitato per di più a due regioni, è stato caricato di significati nazionali. Soprattutto per la consultazione emiliana/romagnola, territorio da sempre feudo del centrosinistra e, alla vigilia delle elezioni, terra di conquista delle falange salviniane. Che escono con le ossa rotte, nonostante gli sforzi per dare, partendo da Bologna, la spallata all’esecutivo di Giuseppe Conte.

Non è andata bene a Matteo Salvini e ai suoi alleati di centrodestra per una serie di considerazioni che tengono innanzitutto conto dell’impostazione data alla loro campagna elettorale, tesa a porre in evidenza gli aspetti appunto nazionali di una consultazione che, invece, il candidato del centrosinistra, Stefano Bonaccini, ha tenuto dentro le “mura di casa”, facendo leva sul suo mandato precedente e sul buon governo che, secondo il proprio parere, l’aveva caratterizzato. Salvini con la sua costante presenza sotto i riflettori, anche con qualche forzatura di troppo (la citofonata al tunisino presunto spacciatore, per esempio), ha oscurato la candidata Lucia Borgonzoni.

A complicargli la situazione sono entrate in scena le Sardine, che pur non avendo un’organizzazione partitica a loro sostegno hanno chiamato a raccolta il popolo della sinistra, disperso su diversi versanti, a cominciare da quello astensionista. Popolo della sinistra che si è ritrovato attorno a Bonaccini in chiave anti sovranista, abbandonando di fatto (lo confermerà l’analisi dei flussi di voto) i Cinque Stelle, in plateale caduta libera dappertutto, in Emilia Romagna come in Calabria.

Qui sta il primo nodo da sciogliere per la tenuta del governo: i Cinque Stelle, in sovrarappresentanza parlamentare rispetto all’attuale consenso elettorale. Con i loro leader in fuga, col guru Beppe Grillo in fase dormiente, con le velleità di governo a cui non corrispondono i risultati promessi, insomma, con l’elettorato che volta loro le spalle. I grillini – se possiamo ancora chiamarli così – vivono una sorta di psicodramma dalle conseguenze per ora inesplorabili. Dovranno far fronte al ritorno del Pd, che giustamente alzerà la posta dentro lo schieramento di Palazzo Chigi. E dovranno, loro come i democrat, confrontarsi con quell’altro Matteo (Renzi) che, se non guarda alle elezioni anticipate per evidenti ragioni, di sicuro non se ne starà buonino buonino a godersi lo spettacolo. Tanto più che i nodi da sciogliere nell’azione di governo sono tanti e tali da mettere ansia a chiunque.

Tutto ciò per dire che nulla è scontato a Roma, nonostante l’affermazione del centrosinistra in Emilia Romagna. E che molto rimane in bilico rispetto al movimento pentastellato in debito di voti e soprattutto di identità. E per questo, e per le sue origini anti sistema, capace di tutto.

Rimane da capire che cosa accadrà invece nel centrodestra, vittorioso in Calabria. Ma con la trazione berlusconiana, in clamorosa controtendenza a quanto accaduto più a Nord, dalle parti di Bologna, dove Forza Italia adesso boccheggia, o quasi. Calabria, che ancora una volta si dimostra ballerina in fatto di scelte elettorali, forse anche per questo considerata meno decisiva sul piano politico nazionale. Anzi, del tutto ininfluente rispetto, ad esempio, alle logiche salviniane. E di governo. Insomma, “l’ombelico del mondo” resta l’Emilia Romagna, da cui discende il futuro prossimo del nostro Paese. Se non sul piano economico e sociale, di sicuro sul fronte della politica. Ma di questi tempi, né una vittoria né una sconfitta sono sufficienti a indicare un percorso certo e duraturo.

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