Enrico Letta, i cattolici e la libertà di coscienza

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Enrico Letta

di Luigi Patrini

Proprio in questi giorni, commentando la recente sentenza della Corte Suprema degli USA in materia di aborto, Enrico Letta ha detto: “Lo dico da cattolico: se tu non vuoi divorziare non divorzi, se sei contro l’aborto non lo pratichi, se sei contro le relazioni omosessuali sei libero di non averne. Ma non puoi impedire ai tuoi concittadini di fare quel che tu non sceglieresti per te. Questa è la laicità dello Stato, una delle grandi conquiste del nostro mondo. Ora in pericolo”.

L’unica cosa vera di questa affermazione è che nessuno può obbligare qualcuno a divorziare, ad abortire o ad avere relazioni omosessuali: su questo non c’è dubbio alcuno. Men che meno hanno dubbio i cattolici: noi, “seguaci di Cristo”, abbiamo ben chiaro che il Regno di Cristo non è “di questo mondo”, ma sappiamo bene – per lo sguardo “positivo” che la fede ci dona – che è proprio in “questo” mondo che siamo chiamati a testimoniare il grande annuncio della vittoria di Cristo Risorto: il Regno di Dio “nasce” dunque già in questo mondo, che – come scrive Paolo ai Romani (8, 22) – soffre, vivendo le doglie del parto.

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Luigi Patrini

Questo è un concetto fondamentale anche per la Dottrina sociale della Chiesa, che insegna, fin dai primi documenti di Leone XIII, che la Chiesa reca tanti benefici nella vita concreta dell’uomo, proprio perché pensa alla salvezza delle anime e al loro destino eterno. Proprio in questo sta la sfida a cui il cristiano è chiamato: la stessa che ha proposto Gesù, quando assicurò a chi lo avesse seguito il centuplo di ciò che lasciava (Mt 19, 29). Occorre, insomma, che anche il cristiano impegnato in politica non dimentichi che la sua opera è un servizio alto e nobile a cui è tenuto non solo perché la società funzioni meglio e basta, ma perché, funzionando bene, la società veda affermarsi quelle condizioni che consentono ad ogni uomo di pensare in modo serio al proprio destino, assumendo un ruolo da protagonista attivo.

E’ proprio per questo che, come ricorda Giovanni Paolo II nella sua Sollicitudo Rei Socialis (1987), la Chiesa “non propone sistemi o programmi economici e politici, né manifesta preferenze per gli uni o per gli altri”, ma chiede solo due ccose: che “la dignità dell’uomo sia debitamente rispettata e promossa” e che “a lei stessa sia lasciato lo spazio necessario per esercitare il suo ministero nel mondo” (n. 41).  La Chiesa non s’interessa in primo luogo di economia, ma annuncia a ciascuno di noi il Disegno salvifico che Dio ha manifestato in Cristo. Per questo la libertà religiosa (e la giusta tutela della “libertà di coscienza”) è il fondamento di ogni altra libertà: nulla ci appartiene come il nostro personale destino e la religione che cos’è, se non il modo con cui ciascuno si rapporta in modo consapevole con quello che crede sia il suo destino?

Tommaso d’Aquino distingue quattro tipi di legge: la lex aeterna, costituita dal piano razionale di Dio, che ordina l’universo in modo che tutte le cose siano dirette al loro fine. Questa legge è eterna poiché il Pensiero divino (Logos) è eterno. Vi è poi la lex naturalis, la parte della legge eterna di cui l’uomo, in quanto dotato di ragione, può avere conoscenza. Principio fondamentale di tale legge è che “si deve fare il bene ed evitare il male”. Vi è inoltre la lex humana, cioè il cosiddetto “diritto positivo”, promulgato dalla comunità umana in vista del “bene comune”. Sopra tutte vi è la lex divina, rivelata positivamente da Dio nella Sacra Scrittura. Le leggi umane, secondo Tommaso, devono essere coerenti con la legge naturale e ad esse è doveroso disobbedire quando si pongano contro la legge divina rivelata e quella naturale, conosciuta attraverso l’uso della ragione.

Per questo credo che la “spia” più significativa della crisi odierna della democrazia sia la violazione sistematica che si attua della libertà di coscienza: sempre più diventerà decisivo, perché la democrazia si salvi, che si riesca a tutelare proprio la “libertà di coscienza”.

Certo può accadere che chi vuol tutelare la sua libertà di coscienza lo faccia per comodo, per motivi opportunistici, ma la coscienza è davvero il cuore dell’io, il nucleo fondamentale, qualcosa di simile a quello che è il “nocciolo” in un reattore nucleare. Indimenticabile la battuta del Card. John Henry Newman: “Se fossi obbligato a introdurre la religione nei brindisi dopo un pranzo, brinderò al Papa; tuttavia prima alla coscienza, poi al Papa”. Il Card. Ratzinger, parlando di “anamnesi della creazione” osservava che nel cuore dell’uomo “è stato infuso qualcosa di simile a una originaria memoria del bene e del vero”; nel nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica che Giovanni Paolo II promulgò nel 1992 come il frutto più maturo del Concilio Vaticano II concluso quasi 30 anni prima, la coscienza è addirittura definita come “il primo di tutti i vicari di Cristo” (n.1778).

I laici “veri” capiscono la verità profonda e l’importanza di tali osservazioni; i laicisti non credo, convinti come sono che la coscienza s’identifichi con il sentire soggettivo svincolato da ogni riferimento “oggettivo”. E i cattolici? Spero che si rendano conto dell’importanza della questione! Tutti, ma soprattutto quelli che s’interessano e operano in ambito sociale e politico.

Caro Enrico Letta: ognuno faccia quello che gli sembra giusto (questo può benissimo dirlo da “essere ragionevole”, ma può fare a meno di dirlo, perché tanto ognuno fa già quel che gli pare!), ma se “lo dice da cattolico” non deve prescindere da quel che dice il Magistero della Chiesa.

Proprio il 6 luglio (correva l’anno 1535) fu decapitato San Thomas More, patrono dei politici. Lui sì che fu un vero laico! Non dimentichi che la vera laicità (tanto diversa dal laicismo becero dominate) non prescinde dalla “razionalità e dalla ragione e sa distinguere ciò che è bene da ciò che è male. Il male è male e solo il bene è bene. Poi ognuno può fare quello che vuole: può fare il male dicendo che è bene, ma un vero laico non fa il male dicendo che bene. Lo fa punto e basta: non gli interessa di …giustificarsi con nessuno. Il Papa, come sentiamo sempre, parla “da cattolico”, ma certi argomenti li tratta con più serenità e con maggior serietà di come fa lei!

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