Farioli c’è. «Al centro. Con Draghi». Coordinatore provinciale del partito di Librandi

BUSTO ARSIZIO – «Un Centro liberale innovativo contro il falso bipopulismo». “L’Italia c’è” muove i suoi passi verso la convention fondativa del 17-18 settembre a Milano e Gigi Farioli, ex sindaco di Busto Arsizio e attuale capogruppo in consiglio di Popolo, Riforme e Libertà, annuncia di aver «accettato di assumere il ruolo di coordinatore per la Provincia di Varese di questa avventura». Lo fa con un lungo documento programmatico che da ieri, 11 luglio, ha iniziato a circolare sulle chat del movimento lanciato da Gianfranco Librandi, deputato di Saronno di Italia Viva, come piattaforma per dare continuità all’Agenda Draghi.

Quale centro per Draghi?

Proprio nei giorni più difficili del governo di larghe intese – ieri sera, 11 luglio, il premier Mario Draghi è salito al Colle dopo lo strappo del M5S di Giuseppe Conte sul DL Aiuti – ma anche di maggior affollamento al centro, perlomeno in termini di dibattito sul suo futuro, tra la convention dell’Italia al Centro di Giovanni Toti (caratterizzata dalla lite tra Carlo Calenda e Clemente Mastella) e l’uscita di Matteo Renzi per indicare il sindaco di Milano Beppe Sala come possibile leader di una formazione che sappia riunire tutta l’area di centro. Gigi Farioli c’è e promuove “L’Italia c’è” come piattaforma per superare i personalismi che dividono il Centro verso «una forza politica liberale – sostiene – un centro liberale, pragmatico, innovativo ed europeo che facendo propria l’Agenda Draghi del Next Generation Eu, costituisca una credibile e, potenzialmente vincente, comunque essenziale per superare la polarizzazione fra due opposti populismi».

Il documento di Farioli

Contro il falso bipopulismo, l’urgenza di una nuova offerta politica. La necessità di un Centro liberale innovativo. Gli eventi nazionali ed internazionali, succedutisi nel corso dell‘ultimo anno, e, ancor di più negli ultimi mesi, rendono, a mio umile parere, indispensabile, essenziale e, a questo punto addirittura urgente, la ridefinizione dell’offerta politica. Le più recenti esternazioni dell’aspirante zar Putin, circa il vero obiettivo dell‘“operazione speciale militare“ e cioè la destabilizzazione delle democrazie occidentali, se possibile, rendono ancor più urgenti le riflessioni che, proprio un anno fa, mi portarono a scelte che, giudicate da molti folli, sicuramente non utilitaristiche, ma con gli occhi di oggi indubbiamente corrette per un liberale come me, cominciai ad attivare. Il rischio per il presente, ma ancor più per il futuro, di una crisi epocale per l’Occidente tutto, ma l’Europa e, soprattutto, l’Italia in particolare, è drammaticamente evidente. L’impressione però è che le sedicenti classi dirigenti dei partiti non ne abbiano sufficiente consapevolezza, continuando a perseverare nella esasperata ricerca del consenso immediato e dell’interesse di poltrona a buon mercato. Se è vero che il profondo disagio sociale ed economico, una malgovernata globalizzazione e l’aumento delle disuguaglianze ha visto crescere, insieme con la sfiducia nella politica, l’odio per le élite e un crescente populismo, in tutto l’Occidente, è ancor più vero che in Italia nel 2018 ha costituito l’epifenomeno più diffuso portando alla vittoria elettorale di due forze che del populismo avevano fatto, in forme diverse, la loro bandiera (5 stelle e Lega) che guarda caso ha portato al primo governo di questa pazza legislatura, il mai troppo criticato governo gialloverde. Ma ancor più la legislazione in corso ha definitivamente manifestato a chi non voglia perseguire disegni esclusivamente autoreferenziali e di puro potere per il potere, il fallimento del bipolarismo, ormai rivelatosi il falso confronto tra cartelli elettorali privi di qualunque omogeneità valoriate e programmatica. Se possibile la pandemia e la guerra hanno ancor più evidenziato tali oggettive incompatibilità. Se, fino a circa un anno fa, sembrava che fossimo destinati, obtorto collo, alla riproposta di questo schema di confronto tra due coalizioni entrambe contraddistinte da una pesante ipoteca populista: una a destra (tra l’altro favorita dai sondaggi), dominata da Fratelli d’Italia e Lega Salvini premier, e una a sinistra composta da 5 Stelle pur declinanti e Pd che (fatto salvo un recente ma dichiarato europeismo), dopo Renzi ha finito col perdere la spinta riformista condizionato da una storia di fiancheggiamento al giustizialismo, componente spesso essenziale del populismo. Oggi, però, grazie all’intelligente e lungimirante scelta del governo Draghi, di cui non finirò mai di ringraziare Matteo Renzi, Mattarella e, in secundis, Berlusconi, esiste una concreta possibilità di una diversa evoluzione. Ossia di una forza politica liberale, di un centro liberale, pragmatico, innovativo ed europeo che facendo propria l’Agenda Draghi del Next Generation Eu, costituisca una credibile e, potenzialmente vincente, comunque essenziale per superare la polarizzazione fra due opposti populismi. Per l’appunto il bipopulismo. In queste settimane si fa un gran parlare di Centro, si susseguono iniziative in quella direzione che, se da un lato pongono un tema è una prospettiva essenziale, dall’altro paiono ancora schiave della sindrome autoreferenziale dei sette nani senza una credibile Biancaneve. E, per di più, sembrano nascere più da leader senza popolo e da schematismi trasformisti e parlamentari che dalla domanda popolare . Senza velleità, ma con l’ambizione di contribuire ad un processo essenziale di rinnovamento della politica ho accettato con molti amici di promuovere la piattaforma politica che parte dalla considerazione che esiste una Italia, l’Italia migliore che crede in se stessa, che ha voglia di mettersi in gioco come fa ogni giorno lavorando, facendo impresa, partecipando alla vita delle proprie città, un’Italia che ha consentito anche nei momenti più bui di resistere alla pandemia e a tutte le crisi indotte, un’Italia di giovani che chiedono una politica che non li dimentichi a favore di politiche alla ricerca dell’immediato consenso e quindi di scellerate politiche del debito e di dispendiose politiche previdenziali, un’Italia di donne oltre che uomini che credono nella famiglia e nella parità di genere e generazionale, un’Italia di amministratori capaci cresciuti nelle diverse liste civiche non qualunquiste ed indifferenti, come la splendida realtà di Cassano e delle molte che hanno promosso diverse liste provinciali. Un‘Italia che c’è, si pone al centro delle dinamiche del lavoro e dell’ambiente. Che chiede e promuove innovazione digitale, imprenditoriale. E non ultimo, ambientale. Forte di un sostegno all’ecologia liberale e sostenibile. L’ecologia del sì. Insomma una piattaforma che vuole percorrere il mare tempestoso delle crisi senza proporre per ora padri e padroni o leader improvvisati, ma che recuperi senza inutili esclusivismi, tutte le energie libere e innovative di chi ha ancora la voglia di combattere. Una forza centrale non è non sarebbe solo un agente di stabilità della buona politica (di fronte alle fibrillazioni costanti Dio solo sa quanto serva), ma anche l’unico mezzo possibile per recuperare in Italia una vera forza liberale (che incida concretamente nelle scelte). Una forza centrista non è necessariamente liberale, ma una forza liberale come antidoto alle degenerazioni autoritarie o populiste di destra o di sinistra non può che collocarsi al centro. L’Italia C’è sin dal nome nasce dal basso e dai territori soprattutto per questo, aperta a tutte le donne, gli uomini e le liste civiche e associazioni che condividano questa ambizione. Grazie alla passione, all’entusiasmo e all’esperienza politica e amministrativa che mi hanno permesso di mantenere intatte le speranze che mi mossero decenni fa, ma anche di aver sperimentato difficoltà e criticità, ho accettato di assumere il ruolo di promotore e coordinatore per la Provincia di Varese di questa avventura.

L’Italia c’è gigi farioli librandi – MALPENSA24