Ferragosto, mio candidato (non) ti conosco

Per la politica, perlomeno quella locale, saranno vacanze brevi. Nei primissimi giorni di settembre dovranno essere consegnate agli appositi uffici le liste dei candidati a sindaco e al consiglio comunale. Si tratta di una scadenza ravvicinata, che obbliga gli addetti ai lavori a ritornare subito dopo Ferragosto nelle rispettive città, dove il 3 e 4 ottobre si vota, per ufficializzare gli elenchi. Attorno ai quali stanno lavorando da settimane le segreterie dei partiti, impegnate in una sorta di campagna acquisti, possibilmente di persone all’altezza della situazione, per presentare squadre decenti a sostegno dei possibili o probabili primi cittadini di riferimento.

Una ricerca non sempre scontata, tanto che alcune “scuderie” di prima fascia, a Varese come a Busto Arsizio, fanno fatica a riempire tutte le caselle disponibili: 32 nel solo capoluogo, 24 nei centri più popolosi. Rispetto al passato, quando per le amministrative bisognava gestire la crisi di abbondanza delle candidature, oggi la situazione è opposta: chi si avvicina alla politica non sempre garantisce affidabilità e soprattutto competenza. Sempre più spesso, i partiti devono accontentarsi di figure di rincalzo, neofiti o personaggi in cerca di visibilità, scarsamente votati alle attuali complessità della gestione della cosa pubblica. Difficile trovare nomi altisonanti e di prestigio. I professionisti, coloro i quali non solo per definizione assicurano le maggiori competenze, sono in fuga. Vecchio discorso, che al momento non trova risposte, salvo alcune eccezioni. Come a Varese, dove hanno accettato la candidatura importanti esponenti della società civile o, comunque, noti per la loro serietà professionale e non solo. Insomma, persone con un curriculum di tutto rispetto, sulla carta catalizzatore di consensi. Sulla carta, appunto. Perché poi le scelte degli elettori potrebbero anche non tenere conto delle referenze dei singoli, come di solito succede. Varese in primo piano, meno brillanti, almeno per ora, Gallarate e Busto Arsizio, in senso trasversale tra le squadra in campo. Mancano ancora un paio di settimane alla chiusura delle liste, non sono escluse soprese che conferiscano maggiore autorevolezza ai soliti noti già in pista.

Liste e programmi. Ecco, i programmi. Con il furbo quanto banale refrain “del bene della città”, obiettivo che accomuna tutti, i programmi amministrativi sono l’altro tormentone che fa da sottofondo all’attuale contesto. Programmi che più o meno si equivalgono, ma che ciascuno indora come meglio crede, benché “il bene di una città” non si ottenga con i voli pindarici di qualcuno, se non di molti. Il rischio, anzi la certezza, è che le strategie elettorali, spesso i colpi bassi se non addirittura le cattiverie e i personalismi, siano ritenuti prioritari in luogo della concretezza vera, quella che non abbindola gli elettori con un generico “bene collettivo da raggiungere”, o con programmi persino accattivanti  ma di improbabile realizzazione. Per dirla in un altro modo, in alcune città del Varesotto sono decenni che si promettono soluzioni per una serie di questioni. Sono decenni che si finisce per prendere in giro la gente. In buona fede? Può essere. Anche se dubitiamo che ci sia buona fede in chi, alcune elezioni fa, depositò in Comune il programma amministrativo per Busto Arsizio giudicando irrinunciabile la riqualificazione del Sacro Monte di Varese. Altri tempi, si dirà. Ne siamo proprio sicuri?

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