Gallarate, fiumi di coca nei cassonetti: via al processo. Exodus parte civile

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GALLARATE – Droga nei cassonetti di Exodus: via al processo. Uno dei sei indagati risulta attualmente irreperibile. Dei 5 al centro dell’udienza preliminare davanti al Gup di Busto Arsizio Tiziana Landoni in tre hanno chiesto di essere ammessi al rito abbreviato (Myrtja Arben, difeso dagli avvocati Davide Toscani,  Behar Gerguri, difeso dagli avvocati Fabrizio Cardinali e Cesare Cicorella e Matja Bledar, assistito dall’avvocato Lino Terranova) i due restanti hanno scelto la via del patteggiamento ( Perparim Cami, assistito dall’avvocato Pietro Romano e Ilir Aliu, assistito sempre da Toscani). Exodus, come già annunciato, si è costituita parte civile nel procedimento.

Irreperibile uno degli imputati

L’inchiesta, condotta dagli investigatori del commissariato della polizia di Stato di Gallarate coordinati dal pubblico ministero di Busto Martina Melita, era partita nell’estate del 2020 dopo una “soffiata” agli inquirenti. Gli accertamenti hanno portato gli inquirenti a smantellare quello che, stando alle accuse, era un vero e proprio fiume di cocaina in transito dal Nord Europa in direzione Gallarate, dove la droga veniva stoccata e poi smistata. Singolare il nascondiglio utilizzato dai presunti trafficanti per nascondere lo stupefacente: i cassonetti gialli che Exodus utilizza per la raccolta di abiti usati da destinare a chi si trova in stato di necessità.

Fiumi di droga dal Nord Europa

Arben, all’epoca, era dipendente della comunità fondata da don Antonio Mazzi. Proprio lui era stato il primo ad essere arrestato nel settembre dell’anno scorso; stando alle accuse l’uomo non solo stoccava cocaina nei cassonetti ma in alcune occasioni avrebbe utilizzato anche i mezzi della Onlus per traportare lo stupefacente. A marzo erano arrivati gli altri cinque provvedimenti. Secondo le risultanze di indagine la cocaina comprata all’ingrosso veniva pagata 30, 35 mila euro. Lo stupefacente importato aveva una purezza del 93%: tagliato e venduto a 150 euro al grammo poteva fruttare milioni di euro. Secondo gli inquirenti i carichi raggiungevano i 20, 25 chilogrammi di peso a viaggio. L’inchiesta ha permesso di sequestrare 24 chilogrammi di cocaina e 80mila euro in contanti. L’udienza è stata aggiornata al 17 settembre.

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