Gas a manetta: i giochi pericolosi dei giovani motociclisti in zona industriale

gas giovani motociclisti

BUSTO ARSIZIO – Impennano, sgommano, accelerano per provare la potenza del mezzo e mettere a dura prova i freni. Poi ripartono imboccando uno dei lunghi rettilinei e aprono il gas a tutta. Per poi rientrare alla “base”.

Forse fanno gare contro il tempo. Forse vanno a manetta, non per sfida, ma solo per il gusto di provare l’ebrezza della velocità. Anche nel cuore di un pomeriggio estivo e con il sole a picco che arde e invita a restare in casa o in luogo fresco. Non siamo lungo un circuito cittadino, anche se, con un pizzico di fantasia, molto ci assomiglia, ma nella zona industriale della città.

Quasi come in pista

Succede proprio all’ingresso dell’area produttiva bustocca. In uno spiazzo piuttosto ampio e forse utilizzato per lasciare parcheggiato qualche rimorchio. Si ritrovano lì,  giovanissimi e con le loro moto. Di ogni tipo di cilindrata. Da strada, da enduro, ma anche scooter. Ognuno con il mezzo di cui dispone. Forse perché più che la cilindrata sotto la sella conta mostrare al gruppo l’abilità di saper stare in sella, di domare il mezzo.

Sulla città il sole picchia duro e in quello spiazzo non c’è un filo d’ombra, se si esclude la striscia d’asfalto proprio a ridosso di un muro di cinta basso. La scena è quasi da città fantasma. In giro non c’è un’anima. Solo un gruppo di giovani. Chi in piedi, chi appoggiato al muro. Tutti fermi a chiacchierare. E con le loro moto parcheggiate, spente, mute e che si lasciano guardare.

Basta però osservare la scena per qualche minuto, anche da lontano, per intuire che al centro delle conversazioni ci sono i motori e le loro moto. I ragazzi parlano, indicano una delle motocicletta appoggiate sul cavalletto, si avvicinano e la guardano. Poi, all’improvviso c’è chi monta in sella, accende la moto, disegna una curva e affronta lo spiazzo deserto. Quasi come un duello: unico avversario il nulla davanti a sé da bucare con un’evoluzione. Un’impennata, venti, trenta metri su una sola ruota, “atterraggio” e inchiodata. Prima di tornare di nuovo in gruppo. Ma non solo. C’è anche chi alla partenza su una ruota preferisce far schizzare la lancetta del contachilometri. Anche se solo per pochissimi metri.

L’urlo dei motori

Nell’aria il rumore del motore si perde quasi immediatamente. Sull’asfalto però rimangono una serie di strisce nere. Copertoni spalmati sul catrame, strisce che si intrecciano come fili di gomitoli. Firme anonime di chi ha appena compiuto un’acrobazia.

C’è anche chi sale in sella alla moto esce dallo spiazzo guardando con cura che non stiano sopraggiungendo vetture e imbocca il lungo rettilineo di viale dell’Industria. Partenza lanciata, gas a palla e potenza del mezzo che viene scaricata. Schegge. Che corrono e sfiorano fabbriche, capannoni e marcaipiedi.

Del resto i lunghi rettilinei della zona industriale invitano a darci dentro col gas. Non è una pista, ma un po’ ci assomiglia. Forse per questo i giovani motociclisti si danno appuntamento proprio all’inizio dell’area produttiva, dove a poche decine di metri corrono i binari del treno.

Lontano da traffico cittadino, dove dare potenza non è semplice per via del traffico. Meglio in questo angolo di città, dove le strade sono deserte. Soprattutto d’estate, in certe ore del pomeriggio. Rettilinei infiniti che danno la sensazione di essere sicuri per chi vuol giocare con la velocità. E anche con la vita. E così non è raro di tanto in tanto sentire una moto “urlare”, squarciare il silenzio. O quello di una gomma che grattugia l’asfalto. Certo i decibel dei motori qui non danno fastidio a nessuno. Il gioco di questi giovani funamboli delle due ruote è comunque pericoloso. Prima di tutto per chi sta in sella.

 

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