Gli (in)soliti battibecchi del Primo Maggio

primo maggio sindacati
Giorgia Meloni e Maurizio Landini

Ricorrenza del Primo Maggio, com’è cambiato il mondo del lavoro? Di sicuro non sono cambiate le conflittualità della politica e tra la politica e le rappresentanze sindacali. E’ l’ennesimo botta e risposta che questa volta si consuma attorno alla decisione di Giorgia Meloni di convocare il Consiglio dei ministri, che deciderà importanti interventi in materia di contratti e nuove normative riguardanti proprio il lavoro, nella giornata di festa. Una data e una scelta, quella del governo, che non sono soltanto simboliche. Una data che i sindacati vorrebbero monopolizzare, che fosse soltanto loro, con le manifestazioni di rito (a Potenza l’appuntamento nazionale) e il tradizionale Concertone romano.

La Meloni ha rotto loro le uova nel paniere? In un certo senso può essere vero. Ma agli aspetti, diciamo così, formali, di visibilità e di propaganda dovrebbero fare premio i contenuti. I quali, se non abbiamo inteso male, serviranno anche per dare ossigeno alle buste paga. Maurizio Landini, però,  battagliero segretario della Cgil, considera la riunione del Cdm in questa giornata come un’offesa, addirittura un “atto di arroganza nei confronti dei lavoratori”. Come fosse un’invasione di campo. Non a caso c’è chi, da sinistra, sottolinea il tentativo, vero o presunto che sia, di oscurare gli eventi organizzati dalla Triplice, prendendosi la scena.

Ma se il concetto di lavoro poggia oggi su altri paradigmi (gli esperti della materia spiegano quali e come), anche il rapporto tra le stesse tute blu e la politica ha subito un’inversione netta. Lo testimoniano i risultati elettorali, il successo del centrodestra e, nello specifico, del partito di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia. Per citare il poeta, c’è qualcosa di nuovo oggi nell’aria. La classe operaia non è più condizionabile, vota chi gli pare o, meglio, chi offre maggior affidabilità e fiducia. Non lo diciamo noi, ma le analisi sui flussi di voto. Lo ribadiscono gli opinionisti indipendenti, che di solito non vanno ospiti da Fabio Fazio a “Che tempo che fa”, ma cercano di stare sopra gli schieramenti. E allora, il Governo cavalca la discontinuità registrata nel consenso popolare e fa una mossa che va incontro agli inusitati elettori, quelli che una volta votavano tutt’altri schieramenti.

Ci sbagliamo? Può essere. Nel frattempo, come dicevamo, sta cambiando anche il mondo del lavoro. Certo, la precarietà, i salari da fame, lo sfruttamento, la scarsa sicurezza sono drammatici elementi che ancora non si riescono ad abbattere. Ma se il settore dei servizi arranca per la mancanza di personale, se ristoranti, bar, hotel faticano a trovare camerieri e addetti specializzati; se le aziende metalmeccaniche sono in debito di operai qualificati e non solo, significa che sono mutati i rapporti stessi tra datori di lavoro e dipendenti. Lo scrive Dario di Vico sul Corriere della Sera: “Stiamo parlando di una nuova e profonda sensibilità che investe una larga fetta della popolazione lavorativa (…). Il lavoro, qualsiasi e a ogni costo, è stato derubricato: si cercano soddisfazione, mobilità verticale, conciliazione del tempo “ceduto” al datore di lavoro con il resto della giornata”. Appunto, è il mondo che cambia. I sindacati l’hanno capito, ma non abbastanza.

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