Spolpa l’ex sindaco di Gornate dopo essersi fatta adottare: condanna anche in Appello

tribunale milano

MILANO – Si era fatta adottare dall’anziano che assisteva per spolparlo di tutto. In primo grado lo scorso 19 febbraio dell’anno scorso la badante tradatese Claudia Ceccotti era stata condannata dai giudici del tribunale di Varese a 3 anni. Oggi, martedì 18 gennaio, la Corte d’Appello di Milano ha confermato in toto la prima sentenza. Tre erano, tre anni restano. Il tribunale aveva, tra l’altro, già disposto il rinvio degli atti in procura per concorso nei reati a carico di Antonino Tandurella, marito della donna, definito nelle motivazione della sentenza varesina “il braccio armato” di Ceccotti. La donna usava il marito per tenere lontani i famigliari della vittima, Damiano Ferioli, per 15 anni sindaco di Gornate Olona.

Accuse al marito

Tandurella, lo riportano sempre le motivazioni della sentenza, era arrivato anche a minacciare l’avvocato Tiberio Massironi, parte civile per i famigliari dell’anziano insieme alle avvocatesse Monica Alberti e Romana Perin, e il dottor Nicola Poloni, perito legale incaricato dai famigliari di Ferioli.

Evirò il suocero a Fagnano

Sulla pericolosità di Tandurella, del resto, erano già emerse in passato prove evidenti. L’uomo nel 1993 aveva seviziato ed evirato il suocero dopo averlo legato con del fil di ferro nella sua abitazione di Fagnano Olona. Tandurella, a quanto pare, era ossessionato dall’idea che il suocero abusasse della moglie e della figlia.

I fatti contestati

I fatti contestati risalgono al 2016. Quando la donna inizia a lavorare per Ferioli, l’anziano ex sindaco di Gornate Olona oggi deceduto, che necessitava di assistenza dopo un ricovero in ospedale a causa di patologie importanti. In quell’occasione gli viene anche diagnosticato un deficit cognitivo e il fatto è rilevante in seno al processo in corso. Le banche hanno iniziato a registrare, e poi a segnalare ai famigliari, delle anomalie per un ammontare complessivo di 41mila euro prelevati in 7 mesi da un uomo che prima dell’arrivo della badante prelevava al massimo mille euro ogni mese per le spese giornaliere. Nei mesi la donna sarebbe arrivata anche a cambiare le serrature di casa per impedire ai famigliari dell’anziano di controllare la situazione impedendogli di fatto di uscire o contattare i propri cari. A quel punto partono le denunce e il Tribunale di Varese nomina un amministratore di sostegno: l’anziano viene dichiarato incapace. Ed è in quel momento che si scopre che la badante, assistita da un avvocato oggi deceduto, a novembre 2016, ovvero un paio di mesi dopo aver iniziato l’assistenza, aveva avviato le pratiche per essere adottata.

La valenza sociale

A febbraio era arrivata la condanna in primo grado a tre anni oggi confermata in Appello. Resta aperta la causa civile per l’annullamento dell’adozione tuttora in essere. La vicenda ha alto valore sociale visto il ruolo sempre più di primo piano che la figura professionale della badante ricopre in milioni di famiglie italiane. In primo grado, in sede di discussione, l’avvocato Massironi aveva riassunto: «Comportamenti simili sono possibili se chi lo compie smette di guardare all’altro come a una persona, iniziando a trattarlo semplicemente come un oggetto».