Governo Meloni e sovranità del realismo

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Palazzo Chigi, la sala del Consiglio dei ministri

di Massimo Lodi

È immaginabile che il governo Meloni, se la sua nascita non sarà ostacolata dalle disarmonie di coalizione, venga improntato al realismo. Deposte le questioni ideologiche, spenti i fuochi della propaganda, preso atto dell’emergenza bellica, economica e sociale, c’è una sola cosa da fare: cercare il meglio per evitare il peggio.

Il meglio consiste: 1) nel confermare fedeltà all’atlantismo, respingendo idee difformi dal totale sostegno all’Ucraina e dall’antiputinismo; 2) nel porsi in un rapporto d’utilità operativa con l’Europa che conta, Germania e Francia invece d’Ungheria e Polonia, archiviando tentazioni di derive populiste; 3) nell’individuare persone giuste al posto giusto, in un esecutivo chiamato a fronteggiare problemi mai così rilevanti dal dopoguerra a oggi.

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Massimo Lodi

La Meloni mischierà profili politici a figure tecniche, lo aveva già fatto intendere, e sarebbe sorprendente/masochista una scelta diversa. Il trionfo sui partner di schieramento – tra i quali Salvini a rischio di siluramento dai leghisti delusi – le consente d’avere una voce in capitolo più forte del previsto. Dunque: personalità autorevoli in ogni settore, specialmente a Esteri, Economia, Difesa, Interni. Non altro è il patriottismo opportuno: reclutare i più bravi nei posti più scomodi. Una linea simile, tracciata dalla matita della competenza, non solleverà obiezioni internazionali, semmai il contrario.

La drammatica situazione del Paese suggerisce inoltre un rapporto collaborativo con le opposizioni, di cui la maggiore, il Pd, avrà presto il successore del dimissionario Letta. Le famiglie a disagio, il mondo produttivo in affanno, la ribollente protesta popolare chiamano a intese trasversali su provvedimenti privi d’alternativa, se non quella d’accorciare subito il tempo di permanenza a Chigi della neo-inquilina. E tanto più il coinvolgimento pare utile, pensando a una possibile riforma della Costituzione e della legge elettorale.

Ci si aspetta una stagione di conservatorismo illuminato: o per convinzione o per necessità. Sugli scenari fuori d’Italia, il premier uscente sarà garante d’una Meloni persuasa di dover seguire questa strada. Nel recente passato ha già posto assieme a lei le premesse d’un passaggio cordiale/proficuo di consegne, secondo regola da senso dello Stato. Gliene verrà presumibilmente il sostegno a un futuro e prestigioso ruolo: presidente della Commissione europea o del Consiglio europeo, oppure segretario generale della Nato. Infine, perché no, candidato al Quirinale dopo il Mattarella bis. Tra due mesi Draghi, anziché diventare una riserva della Repubblica, ne resterà il più accreditato titolare.

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