Ibrahimovic il grande asso del Milan in chiave Champions

Tagliamo subito la testa al toro: personalmente Zlatan Ibrahimovic lo prenderei subito, senza alcun tipo di controindicazione. Se lo svedese è voglioso di tornare a Milano, sponda rossonera, non c’è nessun motivo al mondo per dire di no. Non regge, secondo me, neppure la perplessità di chi dice che dopotutto è pur sempre un giocatore reduce da un campionato meno competitivo, come quello statunitense. Un torneo nel quale “svernare” e ingrassare il portafogli dopo una lunga e faticosa carriera trascorsa in Europa. Ibra il Terribile è sicuramente molto sensibile al soldo e quindi il portafogli gonfio è stato certamente un validissimo incentivo all’espatrio oltreoceano. Ma la “pensione” dorata non è proprio una priorità quando l’ego smisurato anima un cuore e una testa come quella dell’ex cigno rossonero: si è sempre sentito un numero uno, anche quando giocava di fianco a Messi al Barcellona e ancora oggi farlo sentire un comprimario è un rischio concreto da non correre per non incappare nelle sue ire.

Ibra il vincente

incente nel Dna con tanta voglia di dimostrare che in Europa è ancora decisivo. E’ ancora vivo, vibrante, letale. Un asso da giocare sul tavolo della Champions League. E che asso. A questa cosa di dover rispettare degli equilibri in una rosa, almeno dal punto di vista tecnico, ho sempre creduto fino a un certo punto. Sarà meglio Ibrahimovic o Borini? Meglio lo “svedesone” o Cutrone? Concetto troppo banale per innescare anche un semplice dibattito da bar. Ibra è un giocatore formidabile anche ora che l’età non è più verdissima. Anche adesso che la brillantezza è venuta un po’ meno. Con Higuain formerebbe una coppia d’attacco formidabile. La chimica mi interessa fino a un certo punto: l’effetto collaterale sarebbe devastante soprattutto per gli avversari.

Non sarà un Kaka o uno Shevchenko bis

La prima impressione quando se n’è iniziato a parlare è che forse il Milan stava ripetendo l’errore già commesso quando diede una seconda vita rossonera a Shevchenko e a Kakà. Avevano esaurito l’energia fisica e motivazionale, cosa che, invece, sembra impossibile per uno come Ibra che viaggia sempre con il serbatoio emotivo stracarico. Ha dato lezioni negli Stati Uniti e per sei mesi potrebbe essere un grande valore aggiunto per il Milan. Con un Ibra in più, parere personale, aumenterebbero in maniera esponenziale le chance dei rossoneri di staccare uno dei quattro biglietti per la prossima Champions League. Condizione vitale per andare avanti con un progetto che vuole essere ambizioso.

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