Il balletto dell’Iva

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Scongiurato l’aumento dell’Iva per il 2019. Ma il Def, nel suo tribolato iter governativo, non ha sterilizzato le clausole di salvaguardia previste per il 2020 e il 2021. Sulla finanza pubblica aleggia minaccioso un pacchetto fiscale da incubo: a regime, l’aliquota ridotta del 10% passerà al 13%, quella ordinaria del 22% passerà al 25% (la più elevata in Europa). Per la ripresa dei consumi, ancorata a una debole crescita, potrebbe essere un brutto colpo, con effetto domino sulla produzione e sui livelli occupazionali.

Le variazioni dell’Iva peserebbero in media 317 euro sulla spesa delle famiglie italiane (in Lombardia oltre 410 euro), che diventerebbero 439 per i nuclei familiari con due figli. A risentirne in misura maggiore sarebbe la spesa alimentare che nel 2017 ha invertito il trend dopo cinque anni di valori negativi con un balzo del 3,2%. Dopo le spese per l’abitazione, quelle destinate all’alimentazione con i beni di prima necessità rappresentano la principale voce del budget delle famiglie che, in caso di aumenti dell’Iva, rischierebbero uno stop. E problemi potrebbero esserci anche per artigiani e commercianti, visto che la stragrande maggioranza dei rispettivi fatturati è attribuibile alla domanda interna.

Nel rispetto della … “politica degli annunci e delle promesse”, il Governo si impegna a presentare nella Legge di Bilancio 2019 un piano d’intervento per la cancellazione parziale delle clausole di salvaguardia residue attraverso la spending review, il potenziamento dell’attività di riscossione delle imposte e la razionalizzazione delle tax expenditures (deduzioni e detrazioni fiscali). Bisogna reperire circa venti miliardi di euro. Il solito problema delle coperture finanziarie con il balletto delle cifre con i conti che non tornano.

Promettere non costa nulla, sperando che non venga imboccata la strada del “disinnesco in deficit” che rischierebbe di compromettere la prospettiva di stabilizzazione e riduzione del debito pubblico e, di conseguenza, di minare la fiducia degli investitori. Fiducia fondamentale per l’Italia che deve ogni anno trovare acquirenti dei titoli di stato per circa 400 miliardi di euro.

E’ dal 2011, dopo la crisi dei conti pubblici che precedette la caduta del governo Berlusconi, che si parla delle “clausole di salvaguardia”: sono le misure prese per salvaguardare i vincoli di bilancio Ue sulle spese dello Stato. L’aumento dell’Iva serve a coprire spese pubbliche già impegnate. Sterilizzate da Mario Monti, rinnovate dall’esecutivo Letta prima e Renzi e Gentiloni dopo, le clausole sono state ereditate dal governo gialloverde che intende disfarsi del pesante fardello che grava sulla finanza   pubblica. Ma cancellare le clausole di salvaguardia sostituendole con coperture alternative non sarà facile. Lo ha certificato l’Ufficio parlamentare di bilancio che ha negato la “validazione” delle nota di aggiornamento al Def.

E da Bruxelles arrivano già i primi segnali negativi. Il Documento programmatico di bilancio inviato alla Commissione Ue sta sollevando riserve e critiche per la “deviazione inaccettabile dei  conti pubblici italiani rispetto agli impegni e ai vincoli Ue”. Dopo le mirabolanti promesse elettorali è giunta l’ora della realpolitik.

iva def bilancioAntonio Laurenzano

 

Iva def bilancio – MALPENSA24