Il “fine pena mai” di Vallanzasca: lettera del nipote di una delle sue vittime

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Renato Vallanzasca

MILANO – “Oggi è un uomo sconfitto, ma di sicuro noi non siamo i vincitori”. Così Daniele Ripani, nipote di Giovanni Ripani, vice brigadiere della Polizia di Stato ucciso in piazza Vetra nel 1976 da Renato Vallanzasca, ha chiuso una lettera amara inviata al giornalista Aldo Cazzullo, in merito ad una risposta pubblicata sulla sua rubrica del Corriere della Sera, dal titolo “le cicatrici di Vallanzasca e le lettere delle sue fan”, a proposito dei 50 anni di detenzione del capo della banda della Comasina.

“Sono Daniele, nipote di Giovanni Ripani”, scrive nella missiva che ci ha autorizzato a divulgare, “ammazzato a Milano nella sventata rapina finita in conflitto a fuoco con la banda della Comasina. Le scrivo io perché mio zio non aveva figli dato che lo hanno ucciso a pochi mesi dal matrimonio. Se Renato Vallanzasca è ancora in regime carcerario, non è colpa da imputare a nessuno, se non a lui stesso, dato che nel nostro Paese anche il capo delle BR è in semi di libertà, e i componenti della sua vecchia banda negli anni finiti in galera, sono tutti usciti e tornati a delinquere, e poi ritornati in galera”.

Ripani poi prosegue: “vede, a noi familiari che lui sia in galera o esca in libertà cambia molto poco dello stato delle cose, e non traiamo nessun piacere dalla sua detenzione”. Però, ricorda come Vallanzasca negli anni abbia potuto scrivere libri e sceneggiature per film”, dai quali ha tratto profitto, “ma non ha mai risarcito le vittime, né mai avuto un ravvedimento o un pentimento per i suoi gesti criminali, tanto da prendere le distanze dal bandito che è stato. In compenso la sua arroganza e la sua mitomania sono rimaste sempre uguali”, oltre alla questione, aggiunge Ripani, di aver “fatto di quegli anni a mano armata revisioni storiche tutte personali”. Poi il nipote della vittima del dovere ha concluso: “più volte ha chiesto la grazia, mai ottenuta sicuramente, oggi è un uomo sconfitto ma di sicuro non siamo noi i vincitori“.

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