Il partito che forse c’è

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Carlo Calenda

di Gian Franco Bottini

Non ci sono dubbi:  il “reality show” di maggior successo, in questo momento, è la campagna  elettorale in atto. Ogni giorno una sorpresa, amori che nascono e muoiono , tradimenti dietro l’angolo, matrimoni solidi solo all’apparenza, coniugi che si punzecchiano e via dicendo. Un po’ di tutto quello che in altro contesto terrebbe col fiato sospeso e farebbe divertire un pubblico che in questo momento è invece sempre più perplesso e confuso .

Quello che più sorprende e preoccupa è comunque il fatto che anche i cosiddetti “politici”, presi alla sprovvista dagli eventi e preoccupati per la propria pagnotta, paiono i meno lucidi di tutti. Quotidianamente “cinguettano” sui social divertendo con idee che diventano “tafazzate”

Letta che, sventolando la famosa agenda Draghi,  si sveglia una mattina proponendo tasse sulle eredità; Salvini che vuole tornare a fare lo “sceriffo” e ottiene un rapido dito medio alzato dalla socia Meloni; la Meloni stessa che vuole fare un “blocco navale” per frenare l’immigrazione  accorgendosi subito dopo che equivarrebbe quasi a dichiarare una guerra;  il Cavaliere che al milione di coloro ai quali vent’anni fa  promise posti di lavoro ora promette dentiere.  Questi i più significativi, ma sufficienti per scatenare dalla gente una marea di  “vaffa..”, di grillina memoria,  “vaffa..”che, guarda caso, ora sono ritornati puntualmente al mittente.

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Gian Franco Bottini

In questo groviglio di tentate suggestioni qualcosa di più significativo comunque avviene. Solo pochi giorni fa, da queste pagine, parlammo di un “partito che non c’è, quello al quale avrebbero potuto far riferimento quel gran numero di elettori “moderati” o non votanti, orfani di credibili riferimenti ai quali rivolgersi . Oggi, dopo poche ore e con tutti i se e i ma del caso, siamo costretti a richiedervi di ritenere modificata la definizione in il “partito che  forse non c’è”.

La ragione di questa richiesta nasce dall’ondeggiare di Calenda, un leader che a livello di consenso i famosi sondaggi classificano oggi al terzo livello ma che  al momento è riuscito a mettersi al primo posto nell’attenzione mediatica.

Calenda dopo aver tentato , nel campo della sinistra, una escursione che in termini di “posti” prometteva di essere molto vantaggiosa, è tornato rapidamente sui suoi passi risistemandosi in quel “centro” che noi definivamo appunto “il partito che non c’è”, data la scarsa frequentazione di quel momento. Premettiamo che, tralasciando qualsiasi altro tipo di valutazione, la cosa ci pare assolutamente apprezzabile, data l’incongruenza eclatante che si poteva facilmente verificare fra le  idee di Calenda e quelle di alcuni compagni di viaggio che si sarebbe trovato nella stessa coalizione

Ma non è di questo comunque che vogliamo parlare quanto del fatto che, ritornato al “centro”, Calenda si trova ora con altri compagni di viaggio, Renzi in primis, con delle idee e programmi ancor più che compatibili, diremmo sovrapponibili. Per questa ragione, con un po’ di buon senso, un’alleanza di “centro” ora potrebbe essere più che ragionevole, dando vita a quel partito che oggi non c’è. Ci pare corretto richiamare quanto dicevamo sulla rilevanza di una tale iniziativa  quale “elemento equilibratore nell’auspicabile scontro democratico fra destra e sinistra per tenere al margine gli estremismi al fine di garantire una democrazia governante”

Si obbietterà che, dati i tempi ristretti, il consenso che l’iniziativa otterrebbe non sarebbe sicuramente tale da preoccupare le altre due coalizioni in campo; ricordiamo a tal proposito che la storia ci racconta che un risultato a due cifre in molte circostanze è stato determinante nel calmierare i “bollenti spiriti” di qualche forza sovrastante. La cosa non ci pare ora impossibile!

Il vero problema però sarà un altro. Fermo restando la congenialità dei programmi (dovrebbe essere la questione più importante!) esiste una evidente difficoltà di convivenza fra due personaggi con una forte “autostima” e, se ce lo si concede, protagonismo. Come si suol dire , due galli in un pollaio fanno fatica a convivere e qui si dimostrerà con chi abbiamo a che fare. A tal proposito, a  puro titolo di incoraggiamento e con la speranza che i due ne vengano a conoscenza, vorremmo riferire una storiella, che non sarà una favola di Fedro ma che riteniamo si adatti alla circostanza.

Un allevatore di galline, che voleva ampliare di molto il suo pollaio,  giudicava che un solo gallo ragionevolmente non sarebbe stato in grado di assolvere convenientemente i suoi compiti.  Provò con due galli, ma dovette desistere perché i due passavano più tempo ad azzuffarsi che a operare. Trovò la soluzione facendo arrivare un gallo d’America il quale, dato il diverso fuso orario, aveva un orologio biologico spostato di sette ore e dunque si svegliava e cantava a mezzodì mentre l’altro collega, quello nostrano, lo aveva già regolarmente fatto verso le cinque del mattino. Ognuno faceva una parte del lavoro e, a quanto si racconta, la cosa funzionò anche con soddisfazione delle “signore”.

Come dire: con un po’ di intelligenza e  divisione di compiti anche due galli possono convivere in un pollaio, felici e contenti.

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