Tutti al Centro, nel partito che non c’è

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Tutti al centro, ma anche no

di Gian Franco Bottini

In questi ultimi anni del “centro”, in quanto spazio politico da occupare perché mancante di credibili riferimenti, molti  partiti ne hanno parlato e cercando di accreditarsi.  Arrivati però al dunque delle elezioni incombenti, il “centro” è ancora una volta rimasto  desolatamente deserto o perlomeno scarsamente presidiato.

Riprendendo le chiacchiere  di quei partiti, stare al “centro” avrebbe dovuto significare pensare più ai problemi reali che agli interessi politici; più al concreto bene della gente che a quello di quelle specie di “tribù”nelle quali si sono trasformatii partiti; più all’interesse generale che alla demagogia buona solo per  singole sacche di voti;  più al futuro dei nostri figli che alla difesa contingente dei propri “posti”. Insomma, il “centro” avrebbe dovuto essere lo spazio per il “civismo del buon padre di famiglia”, la casa dei cosiddetti “moderati”  e quindi, “alla grossa”, avrebbe potuto essere anche l’approdo per quel 50% di elettori che recentemente non si sono recati a votare perché orfani di un riferimento che si dimostrasse realmente sensibile alle preoccupazioni quotidiane della gente.

Guardando l’evoluzione delle cose invece, a partire dalla caduta di Draghi in poi, in quei partiti presunti ”centristi” è rapidamente prevalsa la voglia di cercare le soluzioni più convenienti per risolvere gli interessi di partito o personali, spesso dimostrando di essere di ”bocca buona” nell’accettare a tal fine anche innaturali alleanze. E il ”centro” è rimasto vuoto!

Eppure negli ultimi 18 mesi siamo stati governati da Draghi, il più civico e più centrista che potessimo trovare sulla piazza e ancor oggi, sia a destra che a sinistra, si continua a far riferimento alla mitica ”agenda  Draghi”, il centrismo per  eccellenza. Eppure il “centro” continua  a restare desolatamente  vuoto!

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Gian Franco Bottini

Della cosa ne ha parlato pochi giorni fa sul suo giornale, il “Corrierone”, Angelo Panebianco; una firma stimatissima che da sempre si è dimostrato capace di esprimere giudizi obbiettivi, guardando più in là del proprio naso. Panebianco asseriva l’esigenza che anche in Italia, in occasione delle elezioni, si formasse un “centro” credibile, equilibratore nell’auspicabile “scontro creativo” fa destra e sinistra, in grado di tenere ai margini gli estremismi per consentire una “democrazia governante”, in grado di sollecitare quel ”civismo nazionale” che, soprattutto in momenti di difficoltà, antepone i problemi reali a quelli identitari.

A distanza di pochi giorni il buon Panebianco sarà rimasto fortemente deluso, perché nulla di quanto auspicava si stava realizzando, anzi era costretto ad osservare non solo il prevalere delle solite logiche spartitorie ma anche di una variante ancor più stucchevole, che i tempi di queste elezioni consentono. Ci riferiamo al mercimonio che alcuni personaggi, politicamente oramai frusti, (Tabacci, Sgarbi per esempio) stanno facendo con i simboli dei loro partiti-cespuglio, politicamente ininfluenti ma con il vantaggio di non dover raccogliere firme di elettori per la loro presentazione. Una banalità penserete voi; in effetti invece l’escamotage per la sopravvivenza politica di molti inutili personaggi.

Insomma, stiamo assistendo a delle operazioni di alleanze unicamente tese a massimizzare i “posti sicuri” ,senza alcun  riferimento ai contenuti programmatici, ai veri problemi che ci attendono, alle tante parole precedentemente spese. L’usuale contrario di quanto, per la costituzione di un serio “centro”, secondo Panebianco poteva servire.

Ma se il “centro”, in quanto a partiti, risulta pressochè svuotato, dal punto di vista dei suoi potenziali elettori (anche molti  astensionisti!),  rischia di essere sempre di più il maggior partito del Paese. Questi elettori sono  in gran parte  orfani di una Forza Italia che per anni fu un loro sufficientemente credibile riferimento ma che oggi ha perso le sue caratteristiche originarie, al servizio com’è di altre forze che non danno sicuramente garanzia di “moderazione” . Successivamente essi sperarono che Renzi fosse il loro nuovo interprete, ma il “ragazzo” allora peccò in presunzione e oggi è ancora  sotto esame.

Si illusero fino a qualche ora fa che Calenda potesse essere l’embrione di una idea civica nazionale, ma l’uomo è venuto presto “al naturale”, dimostrando di non aver ne la tempra e né la lungimiranza per collocarsi credibilmente al “centro” e sviluppare un progetto nel tempo. Anche per lui, meschinamente come per molti, “meglio un uovo oggi che una gallina domani.”

Visto lo scompiglio che si è creato nel dopo Draghi , quell’area di “centro”, così come l’abbiamo descritta, rischia di ingrandirsi ulteriormente, con l’approdo di elettori sconcertati provenienti sia da destra che da sinistra. Tutti quanti, comunque, alla ricerca del “partito che non c’è”.

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