Investimenti, 2019 anno da record. Il rapporto dell’osservatorio PEM della Liuc

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CASTELLANZA – Nel 2019 sono state realizzate 221 operazioni su aziende con fatturato medio pari a circa 35 milioni di euro, oltre 110 dipendenti e perlopiù concentrate nel comparto dei prodotti per l’industria. È questa la fotografia scattata dall’Osservatorio Private Equity Monitor – PEM della Liuc Business School e presentata oggi, mercoledì 23 settembre. Si tratta di un record assoluto nel numero di investimenti, che conferma la leadership degli interventi di maggioranza; e, nei primi sei mesi del 2020, il private equity resiste all’impatto del Covid, annunciando 93 nuove operazioni.

È stato contenuto l’impatto negativo del Covid

L’Osservatorio sviluppa da oltre quindici anni un’attività di monitoraggio permanente sugli investimenti in capitale di rischio realizzati in Italia. La sua attenzione si concentra sulle operazioni realizzate da investitori privati e prende in considerazione solo gli interventi successivi a quelli cosiddetti di “start up”, focalizzandosi quindi sugli investimenti finalizzati alla crescita aziendale (expansion) o alla sostituzione parziale o totale del precedente azionariato da parte di investitori istituzionali (replacement, buy out e turnaround).
«Il settore del private equity conferma, e anzi consolida nel 2019, l’eccellente stato di salute già evidenziato ormai da un triennio», hanno reso noto Anna Gervasoni e Francesco Bollazzi, rispettivamente presidente e responsabile PEM. «In particolare, il 2019 segna il record in termini di numero di operazioni: il dato di riferimento in tal senso, in precedenza, era rappresentato dalle 175 operazioni registrate proprio l’anno precedente. Nel 2020, poi, il private equity si conferma industry caratterizzata da elevata maturità e resilienza, contenendo con grande efficacia l’impatto negativo generato dal Covid in ambito economico».

La prevalenza delle imprese familiari

Le imprese private e familiari, mantenendo il livello delle preferenze (77% nel 2019, in linea con l’anno precedente), continuano a rappresentare larga parte delle opportunità di investimento. Le cessioni di rami d’azienda di imprese italiane salgono dal 2% al 6%. Si attenua la rilevanza dei secondary buy out, che evidenziano una significativa decrescita rispetto al 2018 (10% vs 17%). In aumento, inoltre, le cessioni di rami d’azienda di imprese straniere (5% nel 2019), mentre risulta stabile al 2% il passaggio di quote di minoranza tra operatori.
Sul fronte della distribuzione regionale, la Lombardia, regione che da sempre risulta essere il principale bacino per gli operatori, nel corso del 2019 ha rappresentato il 38% del mercato. Seguono Emilia Romagna (14% del totale), Veneto (13%) e Toscana (8%).Nel Mezzogiorno si sono chiuse quindici operazioni (nove nel 2018), di cui quattro rispettivamente in Sicilia e Campania.

I settori di intervento e il volume dei ricavi

Quanto ai settori d’intervento, il 2019 conferma l’ormai consolidato interesse degli operatori verso i prodotti per l’industria, comparto che attrae il 25% delle operazioni di investimento, anche se in calo rispetto al 2018 (32%). I beni di consumo confermano la loro seconda posizione tra le preferenze degli investitori (22%), sostanzialmente in linea rispetto all’anno precedente (20%). A seguire, si rileva la presenza del settore alimentare, con il 12% (13% la quota del 2018), e di quello del terziario (servizi professionali ad eccezione di quelli finanziari, 11% vs 10% nel 2018). Al quinto posto, si riaffaccia l’industria ICT (8%), grazie alla crescente richiesta di nuove applicazioni in numerosi ambiti industriali.
Con riferimento alle caratteristiche economico-finanziarie delle imprese target e, quindi, al volume di ricavi, il dato mediano risulta pari a 35,6 milioni di euro, in diminuzione rispetto al valore del 2018 (44,5 milioni di Euro). Il 75% degli investimenti è indirizzato verso imprese che non superano un fatturato di 60 milioni di euro, in aumento rispetto a quanto registrato l’anno precedente (58%). Diminuisce, invece, la presenza di imprese con fatturato compreso tra 61 e 100 milioni di euro (10% vs 17%). Anche i deal su aziende di grandi dimensioni diminuiscono la propria quota: hanno rappresentato il 3% del mercato, in diminuzione rispetto al 9% del 2018.

Le operazioni del primo semestre 2020

Nel primo semestre 2020 sono state annunciate 93 nuove operazioni di investimento (esclusi gli start up, i reinvestimenti in società già partecipate e le operazioni poste in essere da veicoli di investimento pubblici), in linea rispetto al medesimo periodo del 2019 (quando furono esattamente 95). In termini di tipologia di operazione, la maggior parte degli investimenti ha riguardato interventi di buy out (80%), seguiti dagli expansion (14%), dai turnaround (4%) e dai replacement (2%). Le operazioni di add-on ammontano al 42% del totale, registrando un ulteriore deciso incremento rispetto agli ultimi anni, che già avevano sempre più evidenziato e sottolineato la rilevanza e il ruolo dei processi di aggregazione industriale.
In termini settoriali, si conferma la consolidata presenza di aziende che operano nel comparto dei beni di consumo e dei prodotti per l’industria, rappresentando quasi il 50% del mercato. Con riferimento alla distribuzione geografica, il mercato è risultato fortemente concentrato tra la Lombardia, il Piemonte, il Veneto e l’Emilia-Romagna, che insieme hanno catalizzato il 73% delle aziende target. Sempre residuale è risultato, invece, il coinvolgimento di imprese del Sud (stabile al 4%).

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