La divisa nera con i bordi rossi

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Ivanoe Pellerin

di Ivanoe Pellerin*

Cari amici vicini e lontani, in questi giorni nei quali la natura scatenata con il tormento del sole canicolare ed i rovesci furibondi di grandine tempestosa ci ricordano la violenza degli uomini che non è certamente seconda, andiamo con la memoria che diventa triste alla morte incomprensibile e vigliacca del Vice Brigadiere Mario Cerciello Rega per confermare la nostra gratitudine a lui e a tutta l’Arma dei Carabinieri.

Devo dirvi che la stretta di mano del Generale Giovanni Nistri ai poliziotti giunti con le macchine a sirene spiegate davanti al Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri mi ha molto commosso. Forse il giovane sacrificio, forse la violenza cieca, forse la comprensione che questa società bislacca riesce a generare ancora solide radici di coraggio e di onore. Siamo così abituati alla presenza di quella divisa nera con i bordi rossi che quasi non poniamo più attenzione al baluardo di protezione e di difesa che di fatto rappresenta. In fondo i Carabinieri sono dappertutto e ci sono sempre stati. Ma è davvero così? No cari amici, non è così e ricordare la storia dell’Arma è un banale tentativo renderle omaggio, rendere omaggio ai suoi caduti che sono i nostri caduti, i nostri figli.

Se leggete queste poche note vi unite a me nel recuperare la storia del nostro paese, la nostra storia preziosa e irrinunciabile. Dunque Vittorio Emanuele I° di Savoia (detto il “Tenacissimo”) al rientro a Torino, dopo l’esilio a Cagliari per via dell’occupazione del Nord Ovest dell’Italia da parte delle truppe di Napoleone, emanò la legge reale del 13 luglio 1814 che istituì di fatto il Corpo dei Carabinieri Reali, unità militare con compiti di polizia. Da un punto di vista militare, si trattava di un corpo di fanteria leggera ma già con una componente di cavalleria e dunque più elitario rispetto ad un corpo di fanteria di linea. Per questo il primo personale arruolato fu selezionato nell’eccellenza dei reparti piemontesi e perciò venne considerato giustamente un corpo d’élite. Il loro primo generale fu Giuseppe Thaon di Revel, chiamato a ricoprire la più alta carica del corpo il 13 agosto 1814. Come si può constatare in un mese fu realizzata una schiera d’eccellenza. È vero che allora la “regia patente” (come era definito l’ordine) non ammetteva fraintendimenti e neanche la ricerca di un team di esperti per valutarne costi e benefici. Però tutta questa fretta nel realizzare i desideri del sovrano oggi risulterebbe sospetta e meriterebbe almeno la valutazione di qualche ufficio della Procura. Vuoi non indagare qualche interferenza del governo francese?

Innumerevoli gli interventi sui diversi fronti risorgimentali e dopo l’unità d’Italia i Carabinieri Reali diventarono “Arma” del Regio Esercito l’8 maggio 1861. La storia si dipana con esempi di ardimento e di valore nel corso della Prima guerra mondiale (per es. si distinsero nella battaglia di Podgora) che valsero la medaglia d’oro al valor militare ed in numerose battaglie della Seconda, una per tutte, la battaglia di Klisura sul fronte greco-albanese dal 16 al 30 dicembre 1941 e la conseguente medaglia di bronzo. Tutti ricordiamo il sacrificio di Salvo D’Acquisto che morì sacrificandosi per salvare 22 condannati dalla rappresaglia tedesca.

Passiamo rapidissimi alla storia recente. Per la repressione del terrorismo politico il corpo rinnovò la sua struttura organizzativa e nel 1974 nacque il nucleo speciale antiterrorismo e nel 1978 il primo reparto di forze speciali italiane, il Gruppo di Intervento Speciale. Negli anni successivi per un più adeguato contrasto alla criminalità organizzata fu creato nel 1990 il Raggruppamento Operativo Speciale (ROS), che contribuì alla cattura di diversi boss mafiosi.

Con l’art. 1 della legge delega 31 marzo 2000, n. 78 i carabinieri vennero elevati a una “collocazione autonoma nell’ambito del Ministero della difesa, con il rango di forza armata, e forza militare di polizia a competenza generale”. Questo ha consentito la partecipazione alle missioni militari italiane all’estero. Inoltre si dispose per il Corpo di avere come comandante generale un ufficiale generale proveniente dai propri ranghi. Fino ad allora il comandante generale dell’Arma era scelto fra ufficiali generali in possesso di particolari caratteristiche provenienti dall’Esercito. L’Arma ha compiti militari e quindi concorre alla difesa integrata del territorio nazionale e compiti di polizia come il mantenimento della sicurezza (ricordiamoci gli attentati di Parigi) e dell’ordine pubblico. Dal 1 gennaio 2017 si aggiunge il personale transitato dal disciolto Corpo Forestale dello Stato.

Non tutti sanno che il motto dell’Arma dei Carabinieri è “Nei secoli fedele”. Venne creato nel 1914, per il primo centenario dell’Arma e concesso ai carabinieri da Vittorio Emanuele III. Contrariamente a quanto si crede, non fu Gabriele d’Annunzio a coniarlo, ma un certo capitano Cenisio Fusi. Il motto andò a sostituire il precedente “Usi obbedir tacendo e tacendo morir” che sono versi tratti dal poema: La Rassegna di Novara, di Costantino Nigra. E non tutti sanno che il carosello storico dell’Arma dei Carabinieri che si svolge tutti gli anni il 5 giugno è una cerimonia militare realizzata dal 4° Reggimento carabinieri a cavallo non solo per celebrare l’Arma ma anche per ricordare la storica carica di Pastrengo avvenuta durante la prima guerra di indipendenza, nel 1848.

Forse non è male riandare a quella battaglia. Il re Carlo Alberto partecipò personalmente all’impetuosa carica condotta dal maggiore Alessandro Negri di Sanfront con i tre squadroni di Carabinieri Reali. La carica valse a rompere la linea nemica, composta da due battaglioni austriaci che furono costretti a ripiegare. L’essersi spinto troppo vicino alla prima linea spostandosi da un casolare dove era stato fino ad allora al sicuro, furono sicuramente la causa iniziale del fatto d’arme. La carica dei carabinieri reali contribuì, in maniera determinante alla felice risoluzione dell’azione bellica di certo molto più complessa e in quel momento in fase di stallo per vari motivi. L’improvviso vantaggio ottenuto dalle truppe piemontesi non fu però sfruttato dal sovrano che, anziché inseguire e sbaragliare le file del nemico scompaginate dalla carica dei carabinieri di Sanfront, si attestò sulle posizioni raggiunte quel giorno. Si dice che re Carlo Alberto dichiarasse allora, nel francese normalmente usato a corte: «Pour aujourd’hui il y en a assez», che tradotto nella nostra nobile lingua suona: “Per oggi ne abbiamo avuto abbastanza”.

Cari amici vicini e lontani, anche quando siamo lontano da vicende tristi e tormentate ahimè troppo frequenti, abbiamo ottimi motivi per ricordare con riguardo e considerazione la divisa nera con i bordi rossi, esempio di coraggio, valore e abnegazione, valori non negoziabili, che sono posti a difesa di tutta la nostra comunità e della nostra convivenza.

*già direttore dell’Unità Operativa Complessa di Cure Palliative e Terapia del Dolore dell’ospedale di Legnano

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