Ultime ore per candidare la gallaratese Federica Fedele ad “ambasciatore” del World Thrombosis Day

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GALLARATE – Una gallaratese in corsa come “ambasciatore dell’anno” del World Thrombosis Day, la campagna contro la tromboembolia venosa. È Federica Fedele (nella foto), madre di due figli, che nella vita si occupa di macchinari ad alta tecnologia per l’edilizia. Una vita segnata da una malattia piuttosto rara e poco conosciuta, la sindrome di May-Thurner. A differenza di altri che ne soffrono, Federica è stata fortunata perché ha trovato chi l’ha saputa riconoscere e curare. Una fortuna che ora intende condividere con più persone possibile, per divulgare un percorso terapeutico possibile ed efficace: a questo scopo aprirà il sito italiano della campagna internazionale di sensibilizzazione sulla malattia e una onlus. Nel frattempo, è stata candidata ad ambasciatrice della campagna: per sostenerla, occorre compilare il modulo a questo indirizzo inserendo, fra gli altri dati, il suo indirizzo di posta elettronica (federicafedele.ff@gmail.com). A disposizione ci sono solo 48 ore: la selezione scadrà dopodomani, venerdì 24 luglio.

«Devo tutto al mio angelo dottore»

«La May-Thurner – spiega Federica Fedele – è uno schiacciamento dell’arteria iliaca destra che comprime la vena iliaca sinistra formando coaguli. Per assurdo, gli ecocolordoppler si fanno solo sugli arti inferiori perché la maggior parte delle trombosi partono dalla caviglia, ma tante come nel mio caso si trovano nell’addome. Più che una sindrome rara, è rara la sua conoscenza. Ora in tanti si ritrovano nella mia descrizione della malattia e capiscono che cos’hanno perché prima non la conoscevano». I chirurghi in grado di curarla in Italia si contano sulle dita di una mano: quello che ha rimesso in piedi Federica è Domenico Baccellieri , specialista in angiologia e chirurgia vascolare dell’Ospedale San Raffaele di Milano, che lei chiama «il mio angelo dottore». «Sono arrivata a lui in maniera molto casuale. Vado sempre in vacanza nello stesso posto in Liguria e i bagnini mi vedevano scendere ogni giorno in spiaggia per ultima, con un pareo a nascondere la calza contenitiva che dopo un anno non mi aveva dato alcun beneficio. Un bagnino si è interessato a me e ha telefonato a sua sorella gemella, una ingegnere biomedica, che ha indicato il dottor Baccellieri. È lui che mi ha spiegato che la May-Thurner è un difetto anatomico, rimediabile con una operazione chirurgica, mentre altri medici mi avevano detto che dovevo rassegnarmi a tenermi la trombosi. Io donavo il sangue e il plasma convivendoci, senza sapere che la soluzione c’era».

«Regalerò a Vasco Rossi il libro sulla mia esperienza»

A scatenare la trombosi, mettendo Federica K.O. a 38 anni, un evento fortuito: il Modena Park 2017, il concerto dei record di Vasco Rossi, del quale è una fan scatenata. «Al concerto Vasco lanciò lo slogan “l’amore sopra la paura”, che allora era quella del terrorismo. Pochi giorni dopo sono finita in ospedale con una tromboembolia polmonare. Un anno in giro per gli ospedali per visite mediche inconcludenti. Poi, la luce. Il dottor Baccellieri ha capito subito che cosa avevo e mi ha impiantato degli stent tra vena e arteria per togliere la compressione venosa e liberare il flusso; la mia vena è stata ricanalizzata perché ostruita, il tutto entrando con una sonda, quindi senza segni o cuciture. Appena sveglio senti subito il risultato: le vene del corpo prima evidenti perché il sangue “cerca un’altra strada” erano scomparse, sembrava una magia». Da allora Federica lo consiglia a quanti accusano sintomi simili ai suoi. Un impegno che ne ha fatto una testimonial della sindrome di May-Thurner, anche sui social dove durante il lockdown ha mostrato quali esercizi fare per tenersi in forma correttamente: l’hanno seguita anche da Las Vegas. «In Italia mancava un partner del World Thrombosis Day che si tiene il 13 ottobre, allora l’ho fatto io. In pochi mesi ho aiutato una trentina di pazienti, non pensavo ce ne fossero tanti con questo problema venoso. Mi scrivono prima di andare sotto i ferri e mi chiamano appena usciti dalla sala operatoria, mi prendo a cuore anche loro, facendo un lavoro sotto il profilo emotivo in squadra con l’équipe medica». Di carica e forza di volontà, Federica ne ha da vendere. «Non ho visto la trombosi avuta dopo il concerto come una disgrazia ma come una sorta di rinascita, sono cambiata anche come persona. Un punto di partenza, proprio come per Vasco dopo 40 anni sul palco. In terapia intensiva cantavo con la mia compagna di stanza “eh, già, io sono ancora qua”, quella canzone sembrava scritta per me. Ho scritto un libro che parla molto di lui, vorrei regalargliene una copia andando a trovarlo a Zocca. E comunque andrà con la nomination ad ambasciatore del World Thrombosis Day continuerò la mia missione. Io ho già vinto così, non ho bisogno di altro».

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