La rabbia dei 70 lavoratori di Accam: «Sindaci, basta supercazzole»

legnano accam denuncia brumana

BUSTO ARSIZIO – «Siamo incazzati neri». Non usano mezzi termini i lavoratori di Accam, che attraverso le loro rappresentanze sindacali escono allo scoperto dopo mesi in cui il loro futuro, insieme a quello della società per cui operano, è stato sballottato tra ipotesi, indirizzi e tante polemiche politiche. «Ne abbiamo le scatole piene delle supercazzole in politichese di un atto d’indirizzo che dice tutto e niente» l’esasperazione dei lavoratori dell’inceneritore, che puntano il dito in particolare contro il voto in consiglio comunale a Legnano. «Un altro sindaco che vuole chiudere l’impianto, e forse la motivazione con la conoscono nemmeno loro».

No alla chiusura

Anni fa si erano presentati fuori dalla sala consiliare di Busto Arsizio, dove era riunita l’assemblea dei soci, per protestare contro l’ipotizzata chiusura dell’inceneritore, “vestiti” da rifiuti. Ora tornano a ribellarsi contro una politica che «tratta Accam come se fosse un cerino acceso che viene passato di mano in mano». Sono «70 dipendenti con famiglie e mutui» e sono «angosciati» dall’incertezza di una situazione che è «figlia delle “non scelte” di anni», con una società che si trova nel «pantano dove qualche sindaco estremista ci ha indirizzato, visto che altri impianti producono utili», con l’inquinamento che sarebbe «solo un pretesto». Lo spegnimento dell’impianto viene visto come uno spettro da scongiurare, ma dopo il voto di Legnano il rischio che l’assemblea di venerdì 19 febbraio possa segnare una definitiva rottura del fronte dei Soci è dietro l’angolo.

Il comunicato delle Rsu Accam

I lavoratori di Accam sono depressi e ne hanno le scatole piene (tradotto INCAZZATI NERI) di sentire continue supercazzole scritte in un atto d’indirizzo dove, con parole fumose di un politichese vecchio stampo si dice tutto del niente. Noi siamo dipendenti e lavoriamo per i “comuni Soci” non per i Sindaci, ma, purtroppo, ad ogni cambio di giunta, o avvio di campagna elettorale, ci troviamo puntualmente un neo sindaco che vuole chiudere l’impianto Accam, e onestamente non abbiamo ancora capito realmente quale sia la motivazione, se logica o se politica. Forse, ma ne siamo sicuri, la vera motivazione non la conoscono nemmeno loro.

Siamo comunque 70 dipendenti con famiglie e mutui, angosciati ad ogni elezione comunale pregando e sperando che il sindaco eletto sia in grado di capire il valore aggiunto di un impianto come il nostro per i cittadini della provincia di Varese e di Milano, cittadini che si chiedono dove i Comuni investono i soldi incassati con la Tari.

I comuni Soci dismettendo l’impianto Accam, causeranno un danno alle loro società di servizi di raccolta, e come hanno già calcolato, il danno si riassume in diversi milioni di Euro, causato dalla necessità di riprogettare la raccolta e lo smaltimento verso altri impianti fuori territorio, sottolineato anche nella manifestazione d’interesse di Amga. Chissà se almeno è stata letta da questi amministratori?

Il problema dell’inquinamento è un semplice pretesto, perché durante il lockdown di marzo e aprile i livelli di inquinamento, come registrato dalle centraline di Arpa nella zona attorno al termovalorizzatore, sono diminuiti, mentre Accam ha lavorato a pieno regime per smaltire l’enorme mole di rifiuti sanitari che gli ospedali producevano e che continuano a produrre a causa del Covid.

I sindaci Soci e gli Amministratori della società Accam, corresponsabili dello sfacelo della loro proprietà, è ora che inizino a governare con persone capaci la loro società, per farci uscire dal pantano dove qualche sindaco estremista ci ha indirizzato, visto che, altri impianti producono utili e qui non si riesce, a causa della mancanza di investimenti e aggiornamenti tecnologici, che porterebbero servizi diretti ai cittadini come teleriscaldamento ed energia elettrica.

Ne è prova l’incoerenza del Sindaco di Legnano, Lorenzo Radice, e della sua amministrazione nel portare avanti l’atto d’indirizzo con allegata una mozione che non tiene conto di tutti i passaggi che in questi ultimi mesi sono stati compiuti in un’ottica di responsabilizzazione della gestione del ciclo integrato dei rifiuti del nostro territorio.

Evidenziamo ancora una volta, che la situazione attuale è figlia delle “non scelte” che i soci e gli amministratori hanno perpetrato per anni, in analogia a quanto già successo 8 anni fa, trattando Accam come se fosse un cerino acceso che viene passato di mano in mano.

Tali visioni miopi ed inconcludenti stanno portando un danno sociale ed erariale al bene pubblico di un servizio essenziale; di ciò qualcuno dovrà pur rispondere in termini di responsabilità sicuramente davanti ai cittadini, forse anche in altre sedi.

La soluzione del problema è sui tavoli delle società di raccolta Amga e Agesp, ma è vero che, non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere.

La creazione di un ciclo integrato dei rifiuti con la nascita di una società che lo gestisca, progetto sul quale le società interessate credono e hanno profuso tempo e impegno, è la lungimiranza delle persone che vedono un futuro di benefici per il territorio, anche a discapito dell’immediato tornaconto politico.

Accam, Radice: «Già perso troppo tempo, partiamo con una nuova missione»

busto arsizio legnano accam dipendenti – MALPENSA24