La statua scomparsa dal cimitero di Sesto Calende. «È di pregio, che fine ha fatto?»

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SESTO CALENDE – Che fine ha fatto l’Ave Maria? La celebre statua di bronzo, risalente a fine Ottocento, è scomparsa dal cimitero di Sesto Calende. Si tratta di «un’opera di alto valore», come specifica il consigliere di minoranza Roberto Caielli (Insieme per Sesto), che a fronte dell’accaduto ha deciso di vederci chiaro. E andare in fondo alla questione. «Molti cittadini mi hanno messo al corrente del fatto, chiedendomi spiegazioni», racconta. «E delle spiegazioni sono necessarie: soprattutto sulla base delle norme nazionali e regionali che tutelano il patrimonio artistico». Ecco perché ha deciso di chiamare in causa direttamente il Comune, domandando di avere accesso agli atti «che documentano la salvaguardia dei beni culturali e artistici nei cimiteri della città». E lo fa sulla base di alcune ipotesi, a partire dall’ultimo privato che dopo la famiglia Sacchi – facoltoso casato sestese – ha avuto il privilegio di esserne possessore.

L’ultimo erede

sesto ave maria scomparsoCaielli vuole fare luce sulla scomparsa della statua. «Era stata collocata nel cimitero, sopra un basamento di fianco alla tomba della famiglia Sacchi», prosegue. Ma poi è stata tolta. Ora, l’idea è che «il nuovo proprietario dell’opera abbia fatto richiesta al Comune di portarla via, probabilmente per venderla visto il suo valore». Una storia che sbatte su molte ipotesi, motivo per cui Caielli si sta interessando. Ma più che altro, le domande sono per il Comune. Un passo indietro: «Uno dei principi di tutela generale del patrimonio stabilisce che, in assenza di un parere della Soprintendenza, tutti i beni demaniali di oltre 50 anni – e di un autore morto – sono considerati vincolati». La domanda vien da sé: «L’asportazione della statua è stata fatta rispettando questo principio?».

La richiesta degli atti

L’obiettivo del consigliere di minoranza è «capire se era evitabile lo spostamento della statua. Ma anche sapere se il Comune è ancora in tempo per recuperarla». E lo fa chiedendo accesso a quegli atti, «una ricognizione di tutti i beni artistici presenti nel cimitero che per Regione Lombardia andrebbero tutelati». E aggiunge: Non esiste, poi, una legge che definisce un cimitero monumentale con un criterio preciso. Ma automaticamente diventa tale se al suo interno sono presenti opere, cappelle o monumenti che superano i cinquant’anni. Come in questo caso». Nello specifico, le richieste di Caielli includono la «documentazione predisposta dall’ufficio tecnico comunale, redatta a cura dell’architetto Lorena Pippinato e in ottemperanza alle disposizioni regionali in materia – risalente al periodo dal 2004 al 2008 – relativa alla ricognizione nei cimiteri. Per individuare tombe, cappelle e oggetti di valore artistico con le caratteristiche di interesse e tutela previsti da Regione. Si tratta di un un fascicolo con foto e descrizioni delle opere». Ma anche «le eventuali determine del funzionario responsabile o della giunta relative all’oggetto in questione e il riscontro di protocollazione e di un eventuale invio a Regione – o alla Sovrintendenza – del documento».

Cenni storici

L’Ave Maria è una statua in bronzo che risale alla seconda metà dell’Ottocento. L’autore dell’opera è Giulio Branca (1850-1926), scultore che è stato parte della corrente artistica denominata realismo sociale. Rappresenta un contadino inginocchiato, in preghiera. Al suo fianco sono presenti una falce e dei covoni.
L’Ave Maria di Sesto «è quella originale», sottolinea poi Caielli. «Mentre nel cimitero Monumentale di Milano e in quello di Cannobio (luogo di nascita dell’artista, ndr) sono presenti delle varianti». E conclude: «Degno di nota è che, lo scorso anno, il Comune di Milano, unitamente agli Amici del Monumentale e alla Fondazione Bracco, ha provveduto al restauro della statua. Il Comune di Sesto, invece, ha lasciato che la tomba venisse trattata come una comune sepoltura».

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