La vergogna del Palaghiaccio di Busto: chi (non) paga?

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Tra le centinaia di opere pubbliche incompiute in Italia (si stima siano almeno settecento) un posto di rilievo lo occupa il palaghiaccio di Busto Arsizio. Struttura bloccata a metà da una dozzina d’anni per scelte politiche comunali in contrapposizione alla volontà dell’allora amministrazione provinciale, che finanziò e avviò l’intervento. Un tema, questo dell’incompiuta bustocca, che ritorna di tanto in tanto sulla scena, senza che nessuno sia stato sinora capace di trovare una soluzione per completare il cantiere.

Il sindaco Emanuele Antonelli ha fatto chiaramente capire che non ci sono molti spazi per recuperare il manufatto, destinandolo a breve a una qualche attività sportiva, ludica o di altro tipo. In altri termini, lo scheletro del palaghiaccio rimarrà per chissà quanto tempo ancora un triste monumento alle indeterminatezze amministrative, alle incapacità pubbliche, allo spreco. E al progressivo degrado. Nemmeno l’ultimo tentativo di inserirlo nel faraonico e insensato progetto del Campus, naufragato dopo un penoso tira e molla tra Palazzo Gilardoni e gli operatori che si erano fatti carico di realizzare la milionaria cittadella dello sport, ha sortito un qualche effetto. Lo si sapeva da tempo, ma la giunta Antonelli ha voluto ugualmente picchiarci il muso prima di alzare bandiera bianca. Ma questo è un altro discorso.

Il problema palaghiaccio però rimane. E rimane aperta anche un’altra questione: chi pagherà i danni di una simile frittata infrastrutturale? Nessuno, come sempre. Non ci risulta infatti che in Italia, salvo qualche eccezione, venga presentato il conto a chi o a coloro avviino interventi del genere per poi abbandonarli a cantiere ancora aperto, trasformandoli in una icona della dissipazione pubblica.

Di che cosa possiamo più indignarci? L’iter procedurale del palaghiaccio è noto: la Provincia “girò” il progetto, assieme a un paio di milioni di euro per finire l’opera, al Comune. Il quale (prima giunta Farioli) decise di bloccare i lavori per imbarcarsi, a più riprese, in mega operazioni nelle quali, alla fine, fu fatto rientrare anche l’atteso palaginnastica a fianco del palaghiaccio. Iniziativa inserita in un disegno pre elettorale, con il risultato che Busto, a oggi, non ha né l’uno né l’altro palazzetto. Nonostante le enfatiche dichiarazioni di chi ragionava in prospettiva delle Olimpiadi del 2026: “Busto potrebbe ospitare per gli allenamenti squadre di hockey”. Appunto.

Di chi le responsabilità? In un contesto privato, i protagonisti di scelte così sbagliate sarebbero già stati spediti in Patagonia. Nel pubblico, quando si tratta di fare nomi e cognomi, una certa politica va in fuga, si autotutela, dissimula, confonde. Perché in fondo, piaccia o no, sono un po’ tutti coinvolti: coloro che presero certe avventate decisioni, chi tentenna senza sapere come muoversi e coloro i quali, per opportunità, guardano da un’altra parte. Tanto poi, paga sempre Pantalone.

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