Landini: a Malpensa maxi fatturato, ma pochi diritti per i 19mila lavoratori

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MALPENSA – Una nuova battaglia per i diritti di tutte le tipologie di lavoratori, rispettandone diversità ed esigenze. Una rivoluzione culturale da cui ripartire uniti e dal basso, perché Malpensa non sia simbolo «del pessimo scenario del lavoro di oggi: precario, senza sicurezze e con poche prospettive». Riparte dalla cultura dei diritti, e dall’inclusività dei contratti Maurizio Landini, segretario generale nazionale della Cgil che oggi 1 marzo ha inaugurato la nuova Camera del Lavoro dello scalo varesino: «Nessuno fa i miracoli, ma se non ci mettiamo in gioco per i diritti dei lavoratori, abbiamo perso in partenza».

«Dipendenti senza tutele»

Al terminal 1 di Malpensa c’è da oggi la prima Camera del Lavoro dello scalo: ai lavoratori saranno offerti i servizi di patronato, vertenze e ufficio legale, ma principalmente saranno rappresentate tutte le categorie e in modo specifico la Filt, la Filcams e la Nidil. In rappresentanza di quella vasta diversità che accomuna le 19mila persone che lavorano a Malpensa. Una varietà che include molteplici tipologie di mansioni, che vanno dagli operatori di volo, all’handling alla logistica. Con contrattazioni che disegnano uno scenario «allarmante, con lavoratori tutelati e altri a cui non spetta nulla – ha detto oggi Umberto Colombo, segretario provinciale Cgil Varese – con sacche di precarietà vicine allo sfruttamento e casi di lavoro quasi in nero». Il lavoro in cooperative e quello interinale, aziende che si avvicendano senza che i lavoratori possano conservare i diritti maturati: realtà multiforme che per la Cgil è quasi un paradosso a Malpensa, «che è un’infrastruttura importante per l’Italia. Con altissimi profitti: eppure, le condizioni dei lavoratori raccontano tutt’altro».

Alitalia investa a Malpensa

Realtà in cui la Cgil deve essere sì possibilità di ascolto e confronto. Ma la Camera del Lavoro a Malpensa «non deve limitarsi a questo – ammonisce Landini – altrimenti abbiamo fallito. Non abbiamo la soluzione in tasca, e certamente la situazione dei lavoratori non è mai stata così critica, ma che la condivisione di esperienze non si riduca alla giornata di oggi». Secondo il neo segretario Cgil, la diversità dei diritti dei lavoratori di Malpensa deve convertirsi in una lotta comune, che sappia rispettare specificità ed esigenze. Punto di partenza che deriva dall’ascolto delle testimonianze dei delegati  voci della pluralità all’interno dello scalo. Ci sono le diverse compagnie, da Alitalia «unica a non aver capito che deve investire qui a Malpensa», alle low cost, dai casi positivi di easyJet alle difficili e ben note condizioni lavorative dei dipendenti Ryanair. Fino ai vari settori della logistica e dell’handling «in cui ci sentiamo pedine, senza indennità, ticket mensa, parcheggio dipendenti, tutele per la maternità», racconta una delegata, e in tutto ciò «Sea è uno spettatore assente, senza essere un garante».

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Senza diritti non c’è democrazia

«Sea potrebbe avere molteplici responsabilità: sa che all’interno di Malpensa succedono certe cose?» si chiede Landini. Per cui la strada verso un possibile miglioramento parte da qui, da uno sportello che sia un punto di «condivisione delle conoscenze, ma senza fare differenze tra categorie: quando i lavoratori dell’800 andavano nelle Camere del Lavoro non sapevano leggere né scrivere, figuriamoci se si chiedevano a che categoria appartenessero. Volevano sapere solo se il padrone li stava fregando». Oggi la possibilità nuova per Malpensa sta nell’unire le esigenze per «tornare a lottare per i diritti. Per quelli che non si hanno, e per quelli che si rischia di perdere».
In questo la Cgil non è esente da autocritica: «È evidente che quello che abbiamo fatto sinora non ha risolto il problema. Dobbiamo porci di nuovo come interlocutore con i lavoratori per rendere quella del lavoro una questione politica».
In questa direzione è stata presentata dal sindacato la nuova carta dei diritti del lavoratore, «anche se abbiamo un governo che con noi non dialoga. Di Maio incontra i gilet gialli in Francia, ma non noi. E mentre altrove si chiudono i porti, noi apriamo uno sportello in aeroporto, convinti che opponendosi al dialogo non si risolvono i problemi». Un ritorno alle origini del sindacato, in un momento in cui «aumenta l’autoritarismo delle imprese, e quando peggiorano le condizioni dei lavoratori si mette in discussione la stessa democrazia. Torniamo a quando, a prescindere dal colore politico, c’erano rispetto e diritti per i lavoratori. E riconquistiamoli per quelli di Malpensa».

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