L’improvvisa scomparsa di Maniglio Botti, giornalismo varesino in lutto

maniglio botti

VARESE – Giornalismo varesino in lutto per l’improvvisa scomparsa di Maniglio Botti, 70 anni, firma storica e autorevole della Prealpina per più di tre decenni. Botti, stroncato da un infarto, oggi, giovedì 14 maggio, lascia la moglie e due figli.
I funerali dovrebbero svolgersi lunedì prossimo. Sarà possibile salutarlo da domani, venerdì 15, nella sala del commiato delle onoranze funebri Sant’Ambrogio a Varese.
Alla famiglia di Maniglio, le condoglianze di tutta la redazione di Malpensa24.

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Un amico, prima che un collega. Maniglio ha rappresentato per molti di noi un punto di riferimento, un giornalista sicuramente di un altro tempo rispetto al modo di lavorare di adesso, dominato, il giornalismo di oggi, da un’esasperata competitività e da un cinismo che non lascia spazio ai sentimenti di umanità, in qualunque forma essi si vogliano declinare.

Un giornalista di un altro tempo proprio per la sua signorilità, che lo spingeva ad approcciare gli avvenimenti da indagare e raccontare con rispetto verso i protagonisti dei fatti in questione, fossero una vittima o un malvivente. Un signore, appunto. Dotato di ironia e capacità di sdrammatizzare, sinonimi di intelligenza. Una chiarezza nella scrittura, immediata, priva di fronzoli, che rispecchiava la sua limpidezza di persona perbene. Cresciuto come molti di noi alla “corte” di Pierfausto Vedani, il Cardinale del giornalismo varesino, Maniglio Botti ha lavorato quasi sempre in cronaca, contribuendo alla crescita culturale della Prealpina che, dagli anni Settanta in poi, si impose con autorevolezza nella vita sociale, politica ed economica del Varesotto.

Uomo colto, divoratore di libri e appassionato di musica, egli partecipò attivamente a questa crescita, mettendosi in luce con i suoi articoli accanto ad altri giovani, arrembanti scriba di allora, Enzo Tresca, Massimo Lodi, Gianni Spartà, Antonio Porro, Fausto Bonoldi. Una squadra che a un certo punto, come ha avuto modo di scrivere lo stesso Botti, si trasformò in un clan famigliare “dove passavano alcune parole d’ordine importanti, che travalicano il dogma giornalistico del rispetto della notizia. Prima viene sempre il rispetto degli altri, delle persone, che sono più importanti delle notizie”. Basterebbero queste poche righe per definire il carattere di Maniglio Botti. Poche righe che egli ci lascia, assieme a tante altre, come eredità immateriale, come insegnamento di vita e monito per i “nuovi” giornalisti. Che da uno come lui possono soltanto imparare. Una cifra sopra a tutte le altre: l’umiltà. (Vincenzo Coronetti)

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