Manager della Sanità, anche a Varese comanda la politica

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Davide Galimberti, primo cittadino di Varese, e Guido Bonoldi, consigliere delegato ai problemi della Sanità, hanno chiesto a Regione Lombardia di nominare per l’Asst Sette Laghi, che gestisce gli ospedali di un vasto comprensorio, un direttore generale varesino. Nomina prevista a breve in sostituzione di Gianni Bonelli, attuale dg che ha, come noto, annunciato le dimissioni. Richiesta legittima e motivata dalla necessità che i vertici dei nosocomi che fanno riferimento alla stessa azienda socio sanitaria territoriale, i due di Varese, Luino, Angera, Cittiglio e Cuasso al Monte, abbiano “radicamento territoriale e conoscenza delle particolarità delle nostre comunità locali”. Galimberti e Bonoldi aggiungono che in provincia non mancano candidati adeguati alla bisogna.

Sotto alcuni aspetti hanno ragione, se non fosse che i direttori generali di Asst e Ats della Lombardia sono dipendenti dalla politica. Che non ce la racconta giusta sul fatto che le scelte si basano soprattutto sulle competenze e meno sulle appartenenze. Dinamica che trova giustificazione nel fatto che il settore sanitario è tra i più onerosi e delicati per tutto quel che sappiamo; da qui discende la necessità che alla guida dei singoli presidi vadano manager di fiducia, che rispondano alla maggioranza di governo regionale in carica. Purtroppo nessuno più si scandalizza di un simile modello decisionale, fonte di combattute lottizzazioni; modello che si ripeterebbe paro paro se a vincere le elezioni fosse il centrosinistra in luogo del centrodestra ora dominante.

E’ così da sempre e dubitiamo che le cose possano cambiare in scia alle pressioni di Palazzo Estense. Specialmente alla vigilia delle elezioni regionali: la giunta di Attilio Fontana nominerà di sicuro a Varese un nuovo direttore che vesta la sua stessa casacca o una contigua, figuriamoci. Può essere che il sindaco Galimberti e il suo consigliere delegato, che però sono di un’altra parrocchia rispetto a quella del presidente Fontana, vengano accontentati sulla territorialità. Può essere. Ma per il resto i giochi si faranno sulla base di altri parametri. Con una avvertenza che dovrebbe trovare tutti concordi, ma non sempre è considerata: la verifica delle competenze. Alla guida di un ospedale non ci può andare chiunque, al di là del suo luogo di residenza. La gestione di una Asst è oggi molto complessa, soggiace a una serie di regole e di problematiche sinora irrisolte e forse irrisolvibili, che in moltissimi casi impediscono di raggiungere gli obiettivi della funzionalità e della efficienza delle prestazioni. Con tutto quel che di negativo ne deriva e che gli utenti sperimentano a loro spese.

Un direttore generale del posto può anche avere contezza delle questioni locali, ma appunto per questo può anche esserne condizionato. Dalle istanze, a volte campanilistiche e di comodo, dei cittadini fino alle esigenze elettorali dei partiti di riferimento, le spinte sono di norma pesanti. Davide Galimberti e Guido Bonoldi non possono non saperlo. Per questo ci sorge il sospetto che la loro richiesta nasconda qualcosa d’altro, cioè il tentativo di bloccare la nomina di qualcuno a loro sgradito per il suo curriculum e in arrivo da fuori. Nomi ne girano già, nessuno conferma e nessuno smentisce. Ma il tam tam è intenso come ogni volta c’è in ballo l’assegnazione di un incarico importante. Così che la pretesa precedenza per un direttore generale varesino diventi un messaggio per chi sta decidendo. Del resto, il parlar chiaro non è quasi mai una prerogativa della politica. A destra come a sinistra, in sanità come in tutto il resto della vita istituzionale e dei partiti del nostro bel Paese.

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