Massimo Fini sblocca un ricordo a BA Book: «Giocai nella primavera della Pro Patria»

BUSTO ARSIZIO – Il Massimo Fini che non ti aspetti a BA Book. Irriverente e senza peli sulla lingua come da par suo, ma alla fine capace di sorprendere quando sblocca un ricordo della sua gioventù a Busto Arsizio: «Da ragazzo giocai nella primavera della Pro Patria – rivela al termine della serata in sala Monaco – facevo avanti e indietro da Milano con il bus tre volte alla settimana per gli allenamenti. E se avessi messo sul campo di calcio la stessa determinazione che ho avuto nel giornalismo, probabilmente non sarei diventato un campione, ma un discreto calciatore di serie C sì».

Giornalista autonomo

Il noto giornalista, classe 1943, oggi opinionista del “Fatto Quotidiano”, ha dialogato in sala Monaco con Luca D’Ingillo nell’appuntamento a cura di Bustolibri.com (Libreria Boragno), per la presentazione del suo libro “Il giornalismo fatto in pezzi“. «In pezzi, non a pezzi, perché non è un libro contro il giornalismo» chiarisce Fini, noto per le sue posizioni anticonformiste. «Non sono mai stato inquadrabile» rivendica, ricordando quando gli fecero saltare una sua trasmissione Rai all’epoca del governo Berlusconi. Fini si riconosce nell’epiteto di «antimodernista. Credo si stesse meglio quando si stava peggio». Ma dice invece di «non riconoscersi più in questa Italia. Una volta l’onestà era un valore per tutti, ma l’ho vista piano piano sfilacciarsi. L’unico dio riconosciuto da tutti è il dio quattrino».

La Russia

Tra aneddoti di una lunga carriera in cui ha imparato il mestiere di giornalista «prima con i piedi e poi con la testa» e ha girato il mondo, Fini ha detto la sua rispondendo a tante domande e curiosità del pubblico du BA Book. «Mi sono fatto tanti nemici perché scrivo quel che penso e dico quel che penso, senza prudenza. Molto onore? Si, ma anche tanta fatica» rivela sorridendo. Sulla guerra in Russia non si tira indietro, lui che di quel Paese è tra i massimi conoscitori in Italia (sua madre è russa e lui parla russo): «Nemmeno il comunismo era riuscito a erodere quella spiritualità che rimanda alla grande madre Russia, forse il turbocapitalismo dei volgarissimi oligarchi ce la farà. Ma credo che nella Russia profonda Putin sia apprezzato, il che non lo autorizza ad aggredire. Ma ha riportato questo enorme Paese ad avere un ruolo internazionale. Penso che il popolo russo non sia molto cambiato, ma se c’è un reportage che vorrei fare oggi è tornare in Russia».

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