Mesenzana sotto shock non sa spiegare l’orrore di via Pezza. Nessuno sapeva del disagio di Rossin

L’ingresso dell’abitazione in via Pezza in cui si è consumata la tragedia

MESENZANA – Come un mantra. O una preghiera ripetitiva. Come un rosario recitato non per avvicinarsi a Dio, ma per allontanarsi dal male di un padre che uccide i suoi figli. Per superare lo shock. Per tenere lontano, esorcizzare, latroce gesto che ha fermato il cuore e la vita di due bambini. E che ha travolto la noiosa e tranquilla routine quotidiana di questo paesino sul confine della Valcuvia.

«Una brava persona. Era gentile. Riservato». Così la gente parla di Andrea Rossin, il padre che ieri (24 marzo) ha ucciso nel sonno a coltellate i due figli di 7 e 13 anni, Alessio e Giada, e che poi si è tolto la vita nella casa dove viveva in affitto in via Pezza. Intanto il paese prova a riprendere la vita normale. Ci vorrà del tempo. Chissà quanto per ricucire questa ferita che i funerali (la data è ancora da fissare) riapriranno nel momento in cui verranno celebrati.

Le psicologhe a scuola

«Stiamo provando a ripartire – spiega il sindaco Alberto Rossi – i nostri servizi sociali si sono subito messi al lavoro. Ieri sera nelle due scuole frequentate da Alessio e Giada abbiamo tenuto un incontro con i genitori. E questa mattina nelle classi frequentate dai due fratellini ci sono le psicologhe per dare supporto. E’ una cosa enorme per tutti noi. Figuriamoci per i piccoli compagni di classe».

Ora tutti sanno dov’è Mesenzana

La piccola comunità di 1.600 anime, che si affaccia sulla provinciale che porta alla vicina Luino, è incredula di quanto accaduto al civico 18 di via Pezza. Nei due bar della piazzetta centrale, a poche decine di metri dal municipio tutti sanno quanto accaduto. E lo sanno talmente bene che non hanno nemmeno bisogno di leggerlo sui giornali, ancora intonsi a metà mattina sui frigo a pozzo dei gelati. Un cliente butta un’occhiata sulla prima pagina, legge il titolo, ma non va oltre. Si gira ed esce dal bar. Sa già tutto. O forse non ha voglia di rivivere l’orrore.

Quando ci si avvicina, la gente, all’inizio, ha poca voglia di parlare. Soprattutto se nell’aria “gira” la parola «giornalisti». Ma il silenzio non è un argine invalicabile. Parlare aiuta a metabolizzare. Non serve nemmeno insistere troppo, la gente si apre e racconta. Fuori dalla posta, lungo le strade. Uomini e donne condividono anche le loro emozioni. La loro incredulità. «Una cosa che nessuno avrebbe immaginato. Una tragedia per i bambini uccisi, per il padre, per Luana e anche per noi». Alcuni aggiungono: «Prima di ieri nessuno sapeva dov’era Mesenzana. Adesso, per chissà quanto tempo, il nome del paese sarà legato a questo atroce delitto».

Quel che si dice di Rossin

Di Andrea Rossin si parla tanto, ma si dice poco. Si parla tanto: della sua gentilezza con i vicini, del fatto che si vedeva poco in giro e se si vedeva parlava poco. E quando ci si spinge più indietro nei ricordi, negli anni in cui era giovane, qui, lo ricordano come un ragazzo vivace, ma nulla più. «Le cavolate che fanno tutti – racconta una cittadina – con i motorini, la compagnia». Qualcuno ricorda l’incidente in cui il padre di Rossin ha perso la vita: «E’ andato a sbattere contro una roccia. Lui forse era ancora un bambino».

La voce fuori dal coro

Però si dice poco di cosa davvero frullava nella sua testa, del buio che covava in fondo al cuore e dentro l’anima di padre, ma anche di uomo “lasciato” dalla compagna. «Con lei era asfissiante – azzarda qualcuno – ma chi andava a pensare a ciò che ha fatto? Nemmeno la mamma dei figli. Se solo avesse immaginato, mica li avrebbe lasciati da lui a dormire».

Nessuno parla di “problemi di testa”. Semmai tutti si chiedono: “Chissà cosa sia successo in quella testa”. Senza però dare (o non voler dare) una risposta. E di questo nulla arriva la conferma anche di Alberto Rossi, sindaco praticamente al quarto mandato: «Quel che non mi spiego – dice fuori dal municipio – è che siamo una piccola comunità. Dove le voci girano. Ecco, in questo caso non c’è nessuno, non un vicino o non un parente (Rossin ha tre sorelle che vivono nei paesi vicini a Mesenzana ndr), che abbia intuito o sapesse del disagio di questa persona. Nessuno».

Nessuno, o quasi. Perché, una voce fuori dal coro c’è: è quella di un uomo seduto al bar, occhiali da sole, che qualche parola in più la spende sul profilo di Andrea Rossin: «Sì, lo conoscevo. Era irrequieto, scontroso. Tempo fa con tono perentorio mi ha chiesto una sigaretta». Ma questo piccolo episodio può davvero bastare per dare risposta ai tanti interrogativi che da ieri aspettano una risposta nella piccola Mesenzana?