In Lombardia cure gratuite anche agli europei indigenti. L’ha deciso il giudice

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MILANO – Importante sentenza sul fronte della salute per i cittadini stranieri europei indigenti che hanno diritto all’assistenza in Italia anche se non iscritti al Servizio sanitario nazionale (Ssn) e anche se non residenti nel nostro Paese. Perché bisogna riconoscere loro il diritto alle cure essenziali indipendentemente dalla situazione amministrativa ed economica dell’assistito. E’ questo, in sintesi, il principio espresso dal Tribunale di Milano che ha condannato nei giorni scorsi l’Agenzia di tutela della salute (Ats) di Milano e l’ospedale Niguarda a garantire l’accesso completamente gratuito alle cure essenziali di una cittadina romena di 53 anni in stato di bisogno.

Lo ha reso noto l’associazione umanitaria Emergency, presente in Italia dal 2006 con progetti socio-sanitari in otto regioni, fondata nel 1994 da Gino Strada e dalla moglie Teresa Sarti, e che ha ottenuto i riconoscimenti di Organizzazione non lucrativa di utilità sociale (Onlus) e di Organizzazione non governativa (Ong). Ovviamente non esistendo da noi il cosiddetto ‘Diritto delle Corti’, cioè quando le decisioni giudiziarie diventano legge come nel sistema anglosassone, la decisione non ha valenza di norma per tutti. E tuttavia potrebbe diventare un punto fermo nella materia e per i giudici.

La Regione fa pagare gli stranieri

A differenza di altre regioni italiane “la Regione Lombardia – denuncia Emergency – non riconosce il diritto alle cure essenziali ai cittadini europei non regolarmente soggiornanti, che sono costretti a sostenere per intero il costo delle terapie, pagando quindi di tasca propria visite ambulatoriali, ricoveri e farmaci, indipendentemente dal reddito”. In particolare il caso è nato perché nel 2015 alla donna straniera è stata impiantata una protesi mitralica meccanica in sostituzione di una precedente protesi biologica, ma da allora non ha potuto eseguire alcun controllo cardiologico perché non poteva pagare le visite. La signora è stata visitata nel 2019 dall’Ambulatorio mobile di Emergency. Avrebbe dovuto fare una visita di controllo a tre mesi dell’intervento, ma lo staff sanitario dell’ente ha verificato che la paziente non era ancora stata presa in carico da nessuna struttura. E inoltre aveva assunto solo alcune delle cure farmacologiche che le erano state prescritte. Aveva effettuato semplicemente alcuni controlli al Centro terapia anticoagulante orale per monitorare le cure farmacologiche, sempre dietro pagamento di 85,16 euro a singola prestazione.

Senza controlli tanti rischi

“Purtroppo – spiega Emanuele Longo, medico dell’Ambulatorio mobile – il deterioramento di una protesi valvolare cardiaca, o una sua disfunzione, può causare un alto tasso di mortalità. Inoltre, le terapie farmacologiche a cui è sottoposta la signora devono essere monitorate costantemente per evitare l’insorgere di complicanze, quali possibili emorragie nel caso della terapia anticoagulante orale. Per questa ragione, i controlli specialistici, quali le visite cardiologiche o l’ecocardiografia o gli esami del sangue, dovrebbero essere periodici oppure il più precoci possibili, per identificare l’insorgenza di problemi”.

“Sono stati necessari due anni e due ricorsi, ma la sentenza obbliga per la prima volta a riconoscere il diritto alle cure essenziali indipendentemente dalla situazione amministrativa ed economica dell’assistito. La sentenza avrà effetto esclusivamente sulla nostra paziente, ma si tratta comunque di un primo passo fondamentale per sollecitare una revisione delle attuali indicazioni regionali”, commenta Alessia Mancuso, dell’area legale dell’associazione.

Angela Bruno

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