VISTO&RIVISTO Una fiaba dark che svela i nostri lati più oscuri

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di Andrea Minchella

VISTO

OZARK, di Bill Dubuque e Mark Williams (2017 – in produzione, 3 stagioni.).

Gli elementi della fiaba ci sono tutti. Questo rende “Ozark” un prodotto intenso ed affascinante, capace di incollare il pubblico anche per quattro o cinque episodi consecutivi. Il viaggio cui assistiamo all’interno della famiglia Byrde è il viaggio dentro qualsiasi famiglia media americana, in cui il capo famiglia si impegna alla sopravvivenza e alla protezione dei suoi congiunti. Ma c’è di più: quel semplice e quasi banale nucleo famigliare potrebbe benissimo essere il nostro: per questo l’effetto magnetico della serie è ancor più potente e quasi ossessivo.

La famiglia Byrde di Chicago incomincia, quasi per caso, una proficua e tranquilla collaborazione con uno dei cartelli messicani, quello dei Navarro, più violenti e più pericolosi. Quando le cose iniziano a mettersi male a causa di alcuni furti al cartello da parte del socio di Marty, la famiglia è costretta, per riguadagnarsi la possibilità di vivere agli occhi del terribile Camino del Rio dei Navarro, a trasferirsi in una località turistica nelle Ozark del Missouri. Qui dovranno, più di quanto non facessero a Chicago, continuare a ripulire i milioni di dollari del cartello provenienti dallo smercio di droga. Da qui prende vita la serie. Assistiamo increduli a tutte le tappe di un “ricominciare da zero” di una semplice famiglia in una serena e “terapeutica” comunità di tranquilli cittadini americani. In realtà ci accorgiamo fin da subito che la situazione si complicherà presto, e la volontà dei Byrde di compiere il loro lavoro sarà pericolosamente e continuamente messa in difficoltà. Ogni tentativo di Marty di creare nuove opportunità di “businness” darà luogo a nuovi ostacoli che potranno essere superati solo con nuovi e pericolosi sacrifici da parte di tutti i componenti della famiglia. E qui risiede uno dei  principali motivi per cui questa serie sia diventata già un vero “cult” e le cui aspettative per l’uscita della quarta stagione sono altissime.

La grandezza del progetto, oltre che nella storia ben scritta ed articolata, sta nell’ accurata costruzione e presentazione dei personaggi. Oltre, infatti, ai componenti della famiglia Byrde, incontriamo una serie di caratteri ben delineati e egregiamente raccontati: dalla forte e sensibile Ruth, giovane ragazza che lavorerà da subito con i Byrde, alla inquietante e apparentemente senz’anima Darlene, moglie del potente e losco Snell; dall’ affascinante e pericolosa Helen, avvocato dei Navarro, al folle e vendicativo Petty, agente federale sulle orme di Byrde da diversi anni. Tutti questi personaggi, insieme a molti altri, sarebbero in grado di diventare, autonomamente, protagonisti di altrettante serie, meglio conosciute come “Spin Off”, per la peculiarità con cui gli autori di “Ozark” ne hanno tracciato gli aspetti fisici, psicologici e mentali.

La narrazione, dunque, è piena di ostacoli, di rallentamenti e di scatti che rendono la visione della serie un’esperienza completa, mai scontata né noiosa. Il ritmo, che risiede anche nelle tecniche stilistiche adottate, è scandito dalla storia stessa che contiene una serie interminabile di colpi di scena, che mettono continuamente alla prova i Byrde, e con loro gli spettatori che si immedesimano quasi completamente con i pacati ma capaci di ogni cosa Marty, un eccezionale Jason Bateman, Wendy, la bravissima Laura Linney, e con i loro figli Charlotte e Jonah.

È opportuno, in questo caso, approfittare della possibilità di Netflix di guardare l’intera serie in lingua originale, per compier quel passo necessario utile a trasformarci quasi del tutto in uno dei personaggi direttamente presenti sul luogo delle vicende.

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RIVISTO

BREAKING BAD, di Vince Gilligan (2008 – 2013, 5 stagioni.).

Ritenuta da molti una delle migliori serie degli ultimi trent’anni. “Breaking bad” ci piace perché, a differenza delle migliaia di produzioni che hanno invaso le nostre vite, ci racconta come il male diventa il bene. Il cattivo diventa, per necessità, il buono. Scopriamo che nello sconfinato mondo del male ci sono i buoni e i cattivi. Questo rovesciamento dei ruoli e dei valori è, certamente, il primo motivo di successo di questa fortunata produzione. La serie, poi, ottiene riconoscimenti e successo anche perché è ben scritta, ottimamente realizzata, e farcita di una serie di personaggi talmente profondi e complessi che, addirittura per uno di loro, l’avvocato Saul, è stata realizzata una serie a parte, uno “Spin of”, lunga ben tre stagioni.

Il motivo principale di rendere questa produzione un vero “cult” è certamente da cercare nei due protagonisti: Walter White, un magnetico e penetrante Bryan Cranston, che da semplice insegnate di chimica diventerà uno dei più potenti produttori di meta anfetamine grazie all’ottima qualità del suo prodotto, derivante dalle sue conoscenze della chimica; Jesse Pinkman, un Aron Paul che sembra legato indissolubilmente a questo personaggio, che interpreta un suo ex studente diventato uno spacciatore di poco conto che inizierà a smerciare la droga preparata da White. Questa circostanza darà luogo ad un viaggio inaspettato e sorprendente nel mondo del crimine, catapultando i due protagonisti in una serie di eventi che cambieranno per sempre le loro vite, trasformandoli e, forse, migliorandoli poiché le nuove prospettive che siamo costretti a vivere, spesso, ci forniscono nuovi spunti di riflessione che ci permettono di scoprire aspetti di noi che, altrimenti, avremmo ignorato per tutta la vita.

Un prodotto di altissima qualità che capovolge la tranquillizzante e schematica scala di valori spesso predominante nelle produzioni televisive.

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