RSA Accorsi, ancora testimonianze drammatiche: «Anziani abbandonati»

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LEGNANO – «Un anziano di 88 anni è stato lasciato patire la sete e ci sono volute alcune telefonate prima che il personale intervenisse». È l’ennesima, drammatica testimonianza sulla RSA “Accorsi” di Legnano, dove sarebbero deceduti una trentina di ospiti e «i sopravvissuti sono costretti a vivere in condizioni disumane», come osserva l’avvocato legnanese Franco Brumana, che da tempo raccoglie e rilancia gli allarmi su quello che sta accadendo nella RSA di via Colombes. L’ultimo in ordine di tempo è di oggi, sabato 25 aprile, ad opera di una legale parente di uno dei pazienti. La riportiamo quasi integralmente.

«Lo zio di mia mamma lasciato senz’acqua»

«Lo zio di mia mamma – scrive l’autrice della lettera di denuncia ricevuta dall’avvocato Brumana – è ricoverato presso la RSA dalla fine nel mese di novembre 2019. Ha 88 anni ed è stato ricoverato in buone condizioni di salute: completamente autosufficiente e perfettamente in grado di intendere e di volere. Da circa un mese, come tutti, mia mamma non riesce ad avere contatti regolari con lo zio che non vede più dalla fine di febbraio. Per fortuna lo stesso è fornito di cellulare che riesce ancora a gestire con qualche difficoltà. Da diversi giorni la persona non è più la stessa, fatica a parlare, le è stata tolta la dentiera e non riesce più a comunicare. Abbiamo portato pazienza e pur comprendendo il difficile momento non è possibile tacere quanto accaduto oggi pomeriggio (ieri, nda). Mia mamma ha più volte contattato lo zio che le rispondeva a fatica e si lamentava gridando che aveva sete! Mia mamma spaventata è venuta presso il mio studio e insieme abbiamo nuovamente chiamato lo zio, dal momento che dalla RSA non rispondeva nessuno. In mia presenza abbiamo nuovamente chiamato e lo zio, al terzo tentativo, ha risposto al cellulare e con tono disperato chiedeva aiuto perché aveva sete e non aveva nulla da bere!».

«Difficile parlare con qualcuno»

«Ho immediatamente chiamato di nuovo la RSA, in qualità di legale del paziente – prosegue la lettera – e al quarto tentativo sono riuscita a parlare con qualcuno che ha promesso che avrebbe verificato. Ho richiamato e il personale mi ha risposto che aveva provveduto a riempire allo zio la bottiglietta dell’acqua e che avrebbe detto alle inservienti di fare più attenzione… È impensabile che le persone siano trattate in questo modo, soprattutto se pensiamo a quanti sacrifici stanno facendo per pagare le rette della RSA che non è neppure in grado di garantire i servizi più essenziali ai propri pazienti. Se lo zio di mia madre non avesse avuto ancora a disposizione il suo telefonino cosa sarebbe successo? A chi avrebbe potuto chiedere aiuto? Noi parenti da fuori possiamo fare ben poco e affidarci al buon cuore di coloro che hanno ancora accesso all’interno della struttura sperando che le autorità e la magistratura competente, già interessata del caso, si muova con fermezza per verificare la reale condizione dei numerosi anziani abbandonati a loro stessi. Non è possibile sentire chiedere aiuto e non potere fare nulla se non chiamare i carabinieri, cosa che ho immediatamente fatto, e restare attaccata al telefono sperando che dall’interno qualcuno risponda e vada a verificare la situazione dei propri cari, che non sempre sono in grado di difendersi e di far valere i loro diritti».

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