VISTO&RIVISTO Tanti generi non ne fanno uno

minchella visto rivisto

di Andrea Minchella

VISTO

UNO DI NOI, di Thomas Bezucha (Let Him Go, Stati Uniti 2020, 114 min.).

Un po’ “western”, un po’ drammatico, un po’ “horror” con anche un pizzico di storia d’amore tra i due protagonisti. Thomas Bezucha realizza questo film confondendo troppo lo spettatore a causa di un’esagerata concentrazione di stili e di linguaggi dentro la stessa pellicola. Anche se il filo narrativo riesce a non annoiare mai, la scelta troppo timida del regista nello scegliere un solo predominante orientamento stilistico annacqua l’intero progetto che, comunque, possiede diversi punti di forza. A partire dal protagonista. Kevin Costner, George, infatti, non si risparmia e ci conduce dentro un’America asfissiante e quasi sospesa tra una realtà rurale ancora massivamente presente ed una guerra al di là dell’oceano che di lì a poco avrebbe segnato per sempre le vite di tutti gli americani.

George e Margaret, una troppo carica di “pathos” Diane Lane, sono i genitori di James che vive con loro con la moglie Lorna e il figlioletto di tre anni. Quando James muore per un incidente a cavallo, Lorna, poco dopo, si sposerà con un altro uomo e andrà a vivere in città. La lontananza del nipotino spingerà Margaret a cercare di riavvicinarsi alla nuora che però si trasferirà ancora più lontano con quel marito che sin da subito era parso violento e misterioso. La scelta di andarsene senza avvisare nessuno metterà in forte preoccupazione Margaret che, convinto il pacato George, ex sceriffo, a seguirla, partirà per andare ad avere un confronto con i Weboy, la famiglia del nuovo marito di Lorna.

Ecco che il ritmo della narrazione diventa un po’ più scandito e la vicenda getta lo spettatore in un certo malessere che deriva anche da un’ambientazione poco illuminata ed uno scenario desolante ed immenso. Se non fosse per la “station wagon” che i due utilizzano per attraversare lo stato del Montana, potrebbe sembrare un film “western” in cui i buoni vanno a riprendersi ciò che è loro e che è stato portato via dai cattivi. Il viaggio di George e Margaret si arricchisce di un incontro particolare che rende ancora più onirico l’intero racconto. Durante una sosta i due, infatti, incontrano un giovane nativo, ribelle e silenzioso, che cavalca un cavallo nero come la notte che sembra abbracciare la maggior parte del racconto. Quel ragazzo sembra interpretare la coscienza dei due, la coscienza libera e ribelle che tutti cercano di nascondere a favore di una normalità affettiva ed emozionale. Quel ragazzo rappresenta ciò che ci trasforma, nei momenti di difficoltà, in dei combattenti pronti a qualsiasi cosa per una giusta causa.

L’apice della narrazione avviene quando George e Margaret, finalmente, raggiungono la dimora in cui la famiglia Weboy, numerosa ed agguerrita,g vive e protegge il piccolo figlio di Lorna. Lo scontro si rivelerà subito aspro e senza nessuna possibilità di mediazione. La pellicola, però, non riesce a decifrare in maniera efficace la tensione che si sviluppa dalle sequenze che Bezucha confeziona. Se lo scontro verbale tra le due famiglie avviene in un’ambientazione buia ed asfissiante come la sala da pranzo dei Weboy in cui la perfida nonna acquisita del figlio di Lorna non nasconde la sua volontà di non cedere alle richieste dell’esasperata Margaret, lo scontro fisico, degno di una faida famigliare alla “Yellowstone”, avviene in una sequenza che a tratti sfocia nell’” horror” più estremo. Questo continuo cambio di registro è proprio uno dei punti deboli più evidenti dell’intero racconto. Lo scontro finale, che comunque traccia in maniera definitiva una tragedia irreversibile, si contestualizza a fatica rispetto tutto il ritmo e lo stile della pellicola fino a quel punto. Peccato.

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RIVISTO

YELLOWSTONE, di Taylor Sheridan (Stati Uniti 2018- in corso, 42/92 min. x 30, Sky Atlantic).

“La” famiglia. “Yellowstone” è una bella produzione Paramount che ruota attorno la complessa ed eterogenea famiglia Dutton. Il bravo Taylor Sheridan smonta alcuni luoghi comuni sui “cow boy” moderni e ci regala un interessante spaccato dell’industria agricola, potentissima e diffusissima, dell’America contemporanea.

I Dutton, il cui capo famiglia è un perfetto ed affascinante Kevin Costner, vivono nel loro immenso “ranch” del Montana dove si occupano di bestiame e di politica, più o meno palese, che possa tornare utile alla loro attività e che possa limitare le speculazioni finanziarie che ogni girono lambiscono i loro averi. L’intreccio è potente e la narrazione avvincente. Scopriamo universi nuovi e ne veniamo subito rapiti.

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