Molinari: «Varese non è Caivano, ma i minori in affido costano 3 milioni l’anno»

varese minori caivano

VARESE – Sono più di 400 i minori in affido giudiziario in carico ai Servizi sociali di Palazzo Estense ed è di circa 3 milioni di euro il capitolo di spesa nel bilancio comunale. Due dati allarmanti e disarmanti sotto ogni punto di vista: umano e sociale, poiché il numero dà la dimensione di quanto sia estesa la zone di fragilità (dai figli ai genitori e all’intero nucleo famigliare); economico, dal momento che i costi vanno dilatandosi e sono tutti sulle spalle del Comune, il quale non potrà certo reggere a lungo. A Varese come anche in altre realtà, poiché il problema non solo locale.

L’identikit dei minori a carico del Comune

«Ma partiamo da Varese», puntualizza l’assessore Roberto Molinari, il quale senza entrare nei minimi dettagli delinea comunque un identikit del “minore in affido”, informazioni utile a riflettere. E che smentiscono molti luoghi comuni. Chi pensa ai figli degli immigrati è fuori pista ad esempio: «Sono quasi tutti cittadini italiani, di famiglie che risiedono da anni a Varese e non sempre si tratta di nuclei con difficoltà economica». Non solo, ma il “filo che lega” il problema alla soluzione è l’analfabetismo educativo diffuso, «che non si può pensare di risolvere per decreto», interviene Molinari. «Anzi – puntualizza l’assessore – con il decreto Caivano. Qui siamo di fronte a problemi complessi ai quali non esiste il rimedio populista del “giorno dopo”. Occorre una strategia».

Quale? «A Varese, come immagino anche in moltissimi altri Comuni, c’è il rischio di non aver più le forze, economiche e non solo, per fronteggiare il tema. Mi spiego meglio. Dei 400 minori in carico vi sono quelli che hanno bisogno di un supporto per accedere ai servizi scolastici, altri che richiedono la collocazione in Comunità. Tutti però avrebbero necessità di seguire percorsi e programmi educativi. E per fare ciò le forze del Comune non bastano. Servono educatori, professionisti, spazi. Servono modelli alternativi a ciò che è contenuto nel decreto governativo. Il tema non può essere solo la pena, occorre anche l’educazione e la prevenzione. Bisogna considerare che quella forbice di fragilità può essere ridotta. E ridurla significa sottrarre ragazzi e ragazze da quella zona d’ombra dove ad un certo punto diventa normale delinquere. Non solo, ma se si interviene per tempo le percentuali di recupero sono alte e soddisfacenti».

Varese non è Caivano

«E chiaro che, per fortuna, a Varese i numeri fanno riflettere, ma la situazione è ben differente rispetto ad altre parti d’Italia. Però – continua Molinari – non dobbiamo abbassare la guardia. Al populismo governativo noi da tempo abbiamo messo in campo progetti, come quello de “La rete che libera” destinato a minori che hanno già commesso un reato, ma che possono essere inseriti in contesti lavorativi o sociali, prima di arrivare a sentenza, al fine di ridurre o in alcuni casi evitare la pena. Percorso che ha un ottimo riscontro, poiché il recupero totale dei ragazzi arriva al 90%. L’amministrazione sta poi investendo con progettualità differenti nelle zone più fragili della città».

Quindi? «I tribunali non possono più scaricare in toto il problema sulle spalle dei Comuni e il governo deve metterci nelle condizioni di poter attivare e sostenere progettualità. IN caso contrario la questione minori diventerà quanto prima un’emergenza sociale e, di lì a poco, anche di sicurezza».

varese caivano minori – MALPENSA24