Morti sul lavoro, strage senza fine. Il triste primato della Lombardia

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La strage sul lavoro continua senza che si riesca a fermare un fenomeno ben più che preoccupante. Nell’intero 2021 sono deceduti 1.404 lavoratori per infortuni sul lavoro: fra loro 695 sui luoghi di lavoro, con un aumento del 18% di questa tipologia rispetto al 2020. E’ quanto risulta dal focus dell’Osservatorio nazionale morti sul lavoro di Carlo Soricelli, aperto nel 2008, e da altre elaborazioni. Proprio rispetto a quell’anno l’aumento di chi ha perso la vita è del 9% e in tutto il periodo non c’è stato nessun miglioramento anzi da allora, nonostante lo Stato attraverso i suoi istituti abbia speso miliardi di euro per la sicurezza, si contano oltre 20 mila vittime.

Tuttavia i dati sono sicuramenti assai minori del numero reale dei cosiddetti ‘omicidi bianchi’ perché non tutti sono assicurati all’Inail, l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, e poi esiste la piaga del lavoro nero. Infine bisogna aggiungere chi è stato ucciso dal Covid in relazione all’ occupazione in gran parte svolta in attività mediche e sanitarie: 90 medici negli ultimi 12 mesi (368 totali dall’inizio della pandemia) e 80 infermieri in servizio: il 70% sono donne.

Numeri sottostimati

I dati resi noti quindi sono certamente sottostimati in misura notevole e in realtà appare chiaro che ricostruire la triste realtà degli infortuni mortali non è facile, perché capita anche che le morti avvengano dopo mesi e a volte anni dall’episodio accaduto mentre si lavora e non sempre vengano correttamente registrate. Ovviamente sono calcolati anche i morti nel percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro. Insomma è un quadro difficile da ricostruire e le ricerche, a secondo delle metodologie e dei parametri utilizzati, possono dare risultati anche sensibilmente diversi.

I settori più colpiti sono l’agricoltura, l’edilizia, l’autotrasporto e l’industria. L’agricoltura registra il 30,22% di tutti i deceduti sui luoghi di lavoro: di questi ben il 75% sono stati schiacciati – è agghiacciante – dai trattori (158) e l’età varia dai 14 agli 88 anni. L’edilizia registra il 15%, la maggioranza provocata da cadute dall’alto; moltissimi morti lavoravano in nero, in prevalenza ma non solo nelle regioni del Sud. Nell’autotrasporto le vittime sono il 10,75% di tutti quelli sui luoghi di lavoro: un aumento notevole anche dovuto alla crescita  esponenziale del trasporto su gomma dovuto all’enorme aumento degli acquisti on linea causa del Covid. L’industria rappresenta il 5,89% di tutti quelli che hanno perso la vita sui luoghi di lavoro: quasi tutti, in genere, nelle piccole e piccolissime aziende dove non è presente il sindacato o un responsabile della sicurezza,

I dati regione per regione

Per regioni i deceduti nel 2021 sono 78 in Lombardia, 70 in Campania, 55 in Toscana, 53 in Emilia Romagna, 53 in Piemonte, 51 in Veneto, 40 nel Lazio, 34 in Calabria, 32 in Puglia, 30 in Sicilia, 28 in Abruzzo, 24 in Trentino Alto Adige, 22 nelle Marche, 15 in Friuli Venezia Giulia, 15 in Sardegna, 9 in Umbria, 9 in Basilicata, 7 in Liguria e 3 in Valle d’Aosta.

E’ importante sottolineare la miriade di vittime fra gli artigiani e i dipendenti di queste piccole imprese e che poliziotti, carabinieri e vigili del fuoco non sono assicurati all’Inail e quindi non vengono calcolati.
È impressionante vedere – scrive l’Osservatorio – che i morti sui luoghi di lavoro, escluso quelli in itinere cioè durante il percorso, con più di 61 anni sono oltre il 20% fra tutti i deceduti; in questa fascia di età sono soprattutto addetti in agricoltura, edilizia e tra gli artigiani. Appare evidente ancora di più che non si può fare svolgere lavori pericolosi a persone in età avanzata. C’è poi il fenomeno dei morti giovani, soprattutto precari e in attività in sub-appalto: spesso non hanno la preparazione sufficiente e comunque non possono rifiutare l’occupazione dietro la minaccia di essere licenziati.

Infine i dati sui morti dei lavoratori stranieri: sarebbero il 6,5% fra tutti quelli del 2021 probabilmente a causa della pandemia perché negli anni precedenti al Covid erano sempre intorno al 10%. In genere si contano più vittime fra marocchini, albanesi e romeni. Qui però i numeri sono da valutare ancora di più senza pretesa di assoluta certezza perché è proprio fra gli extracomunitari che si registra il numero maggiore di irregolarità contrattuali e lavoro nero.

E’ un universo impressionante quello che la ‘matematica’ ci riporta. E ci si chiede davvero se ci sia una volontà politica vera di combattere un fenomeno orribile e infame. Morire è il destino di tutti. Non sul luogo di lavoro però.

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Angela Bruno