Dalle catene di Muccioli alle nuove tossicodipendenze

l'università dell'insubria e la parabola storica di san patrignano

di Carlo Pedroli e Davide Agnesi

Il tossicodipendente è un malato cronico recidivante, come afferma l’OMS, da trattare quindi con farmaci oppure è una persona da considerare non malata e pertanto da gestire senza l’uso di farmaci come sostiene San Patrignano, la comunità fondata da Vincenzo Muccioli? Domande che hanno spaccato (e continuano a spaccare) in due l’Italia.

Il dibattito è stato rilanciato poco fa dal corso di laurea in Storia e storie del mondo contemporaneo e dal Centro di ricerca mass media e società dell’Università dell’Insubria di Varese, che hanno organizzato un webinar su un “caso” che sta diventando storia: San Patrignano, e della serie tv andata recentemente in onda su Netflix.

La domanda di fondo continua quindi a dividere le coscienze: medicina o metodo Muccioli, con botte e catene? Il tossicodipendente è un paziente o un piccolo criminale? E’ lecito privare il tossicodipendente della sua libertà individuale per farlo uscire dal tunnel?

Ha provato a dare alcune risposte Marcello Diurni, psicoterapeuta e responsabile del Cps di Varese della Asst dei Sette Laghi, dopo la puntuale ricostruzione di questa pagina di storia del Novecento fatta dal professor Antonio Maria Orecchia. La risposta è nella medicina, ha sostenuto Diurni, vista l’evoluzione negli ultimi anni delle sostanze stupefacenti e della tipologia dei relativi consumatori: non più il disadattato, marginalizzato e incline a delinquere, ma spesso un “normale” padre di famiglia, o un collega di lavoro.

Andrea Bellavita, professore di Storytelling e Fiction Tv, ha posto un interrogativo importante: la docu-fiction ha riportato onestamente la realtà storica di San Patrignano? Come dire, le riflessioni, il dibattito e le polemiche generate dalla serie di Netflix (Sanpa è “un oggetto nuovo nel panorama delle produzioni italiane” ha sottolineato Bellavita) sono fondati su fatti reali e quindi correttamente narrati? Al di là della realtà storica narrata, vi è un valore importantissimo nella serie SanPa: il potenziale drammatico che ha attivitato una serie di strategie di scrittura capaci di enfatizzare la drammatizzazione stessa.

Fiction, realtà, analisi storica… e sullo sfondo un fenomeno galoppante: i dati sul consumo di sostanze stupefacenti sono allarmanti e non sono poi così diversi dai tempi d’oro (si fa per dire) di San Patrignano. E un quarto dei carcerati italiani sono tossicodipendenti e sono dietro le sbarre per reati connessi.

Durante il webinar è intervenuto Paolo Negri, attore nella fiction e persona che ha conosciuto San Patrignano, il quale ha dichiarato: “La violenza che ha caratterizzato la parte educativa e aggressiva a SanPa era inutile, non necessaria. Le persone venivano picchiate solo per disciplina interna. Sono 27 anni che cerchiamo di essere ascoltati e che cerchiamo di raccontare la verità. Muccioli ne ha salvati tanti ma tanti ne ha rovinati”. E dopo 27 anni la polemica continua.