Nella Pasqua della «paura», il Prevosto di Busto invoca «pace e speranza concreta»

BUSTO ARSIZIO – Una Veglia Pasquale in cerca di una speranza «credibile», quella che si è svolta ieri sera, 16 aprile, nella Basilica di San Giovanni. Speranza simboleggiata dai Battesimi, che come da tradizione vengono effettuati nel corso della celebrazione della Resurrezione. Ma nell’omelia il Prevosto, monsignor Severino Pagani, non ha rinunciato a ricordare «lo spavento» e «la paura» che caratterizzano questa Festa. Invitando a trovare nella fede «la certezza» per andare avanti.

La Veglia Pasquale

Di fronte ai «luoghi di morte e sfiducia in cui ancora oggi sprofonda l’umanità» e ai «terremoti nella vita dei popoli e nelle relazioni tra la persone» che caratterizzano questa Pasqua, don Severino Pagani nell’omelia della Veglia Pasquale non rinuncia a “provocare”, con domande intrise di realismo. «Quale fulgore ci vuole perché le parole non siano fuggevole vento di primavera o generico invito alla speranza? Come si fa quando siamo nuovamente presi da un secolare spavento che ci lascia tramortiti? C’è un bel dire di non avere paura di fronte agli innumerevoli crocifissi». Quelli che ci consegna la cronaca tutti i giorni.

Il realismo di Pagani

E ancora: «Come l’annuncio di Pasqua può essere credibile? Come giustificare il nostro essere qui in Chiesa piuttosto che serenamente seduti ad un ristorante di pregio?». La risposta, per il Prevosto monsignor Pagani, è nella fede: «Gesù mi accompagna, mi sorregge tutti i giorni, mettendomi nel cuore il dono del suo spirito. È con me nonostante tutto». La risposta è trovare «la nostra pace anche attraverso il dolore», nella consapevolezza che non sarà facile.

Cambiare gli atteggiamenti

Per vivere questi momenti complessi, don Severino invoca la ricerca di «libertà, povertà e pazienza» per ridare un senso alle proprie vite. Un invito a cambiare il proprio modo di essere. Quello alla «rinnovata libertà» è un appello a «non essere più schiavi dei sentimenti del momento o degli eventi casuali, non più schiavi dei giudizi». Il secondo è a «lasciar cadere ciò che distrae e complica inutilmente la vita» per un approccio «più povero e per questo più lieto». E infine l’invito a «riscoprire la forza della pazienza, che è l’eco della Passione, che non si abbandona a facili giudizi e gratuite condanne come coloro che non salvano nessuno e non hanno speranza neppure per se stessi».

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