Olimpiadi, Malpensa e voli pindarici della politica

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Le Olimpiadi invernali del 2026 di Milano-Cortina sono un’opportunità per il nostro territorio, cioè il Varesotto. Mah. Scetticismo, il nostro, che nasce in scia ai peana di pubblici amministratori e politici di diversa matrice alla notizia che i giochi sono stati assegnati all’Italia, nella fattispecie a Lombardia e Veneto. Ragion per cui dovrebbero goderne i benefici anche le aree contigue, appunto come la provincia di Varese. Insomma, soldi in arrivo per sistemare impianti sciistici, peraltro di scarso appeal sotto tutti i punti di vista, e strutture sportive in genere. Di più, per realizzarne di nuovi.

A noi paiono sogni nel cassetto, al massimo speranze di sfruttare un evento mondiale che però si svolgerà altrove e che, i politici, cavalcano per illudersi e illudere i cittadini. Al punto che si rimettono in pista progetti fino ad oggi ritenuti irrealizzabili se non inutili e, improvvisamente, tornati d’attualità. L’esempio bustocco del palaghiaccio, cominciato una decina d’anni fa e mai finito, è paradigmatico. E anche un tantinello imbarazzante per chi conosce le indeterminatezze pubbliche e gli sprechi che hanno sin qui caratterizzato la vicenda.

D’accordo, la vicinanza di Milano riempirà gli alberghi, ma finisce lì. Un po’ come accadde per Expo, attorno al quale si infiammarono molte aspettative locali, andate poi deluse. I veri vantaggi li incasserà giustamente Milano, sia sotto il profilo dell’immagine (il capoluogo lombardo sta diventando davvero una grande città) sia sul versante economico. E con Milano, le località designate per la gare. Altrove si vivrà di luce riflessa. Anche se, in verità, le Olimpiadi potrebbero in qualche modo incidere positivamente sul Basso Varesotto, che ospita l’aeroporto della Malpensa. Attenzione, però, il nome completo dello scalo è Milano-Malpensa, e non c’è bisogno di spiegarne il significato. Tant’è. Il fatto che in brughiera arriveranno le delegazioni olimpioniche di mezzo mondo farà sì che, per dirne una, si potranno completare i collegamenti viari e ferroviari ancora sulla carta, potenziando nel contempo lo scalo.

Le Olimpiadi potrebbero dare una mano alla irrisolta questione della mobilità in brughiera, da e per Milano e non solo. Una viabilità che difetta parecchio, a cominciare dalla famosa o famigerata superstrada 336, croce di ogni automobilista che vi si avventuri. L’ultima volta che vi fu messo mano correva l’anno 1990, quello dei mondiali di calcio. Furono eliminati gli incroci a raso e realizzati nuovi svincoli, interventi oggi insufficienti sia a sopportare l’ingente mole di traffico sia per garantire sicurezza. Stesso discorso per le ferrovie. Il 2026 potrebbe veder realizzato il raccordo tra il T2 e Gallarate, sempre che le complesse procedure burocratiche, finanziarie e progettuali lo permettano.

Tutto sulla carta, per il momento. E forse nemmeno, visto che la riqualificazione della 336 non risulta sia mai stata presa in esame dagli enti competenti. Eppure, l’accessibilità a Malpensa è uno dei nodi da sciogliere non tanto per le Olimpiadi quanto perché costituisce un problema concreto quanto impellente. Questo per dire che dovremo dirci soddisfatti se i Giochi serviranno per affrontare e risolvere quanto meno le questioni viabilistiche e ferroviarie dell’aeroporto. Tutti gli altri progetti, specialmente i voli pindarici di qualche sindaco del Varesotto, sono un di più che, allo stato dell’arte, non hanno gambe per camminare. Anche se c’è chi vuol farci credere il contrario.

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