Busto sogna in grande. Le Olimpiadi o le elezioni?

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Doveva sorgere il palaghiaccio. Forse ne sorgeranno due

Siamo tra quelli che si oppongono al partito del no, che nel nostro Paese trova nutriti sostenitori. Ma siamo anche tra coloro che criticano le sciatterie dell’amministrazione pubblica, responsabile di centinaia di scandalose incompiute. Una delle quali, il famoso o famigerato palaghiaccio, si trova nella pragmatica, laboriosa, dinamica Busto Arsizio. Città che si appresta a dare il via a un mega intervento, presentato in pompa magna in Municipio, per la realizzazione addirittura di un doppio palaghiaccio, con annesse strutture sportive e zone commerciali per un importo che, euro più euro meno, supererebbe di gran lunga i trenta milioni.

Usiamo il condizionale perché nemmeno i progettisti hanno reso noto una stima definitiva, tanto è vasto e complesso il progetto. La qualcosa, al di là degli stessi e ottimi contenuti progettuali, lascia trasparire più di una preoccupazione per un intervento finanche esagerato, di sicuro faraonico, per una città come Busto Arsizio. Ma questo è quanto propongono i promotori privati dell’iniziativa, supportati dalla giunta di Emanuele Antonelli (il Comune sosterrà in proprio soltanto il costo del nuovo palaginnastica).

Se non abbiamo inteso male, proprio il sindaco è però il primo a fare gli scongiuri perché una simile operazione possa andare in porto. Davanti ad essa ci sono mille incognite, che emergono da un inconcludente e vergognoso passato, dentro il quale la politica ci ha messo del suo per far fallire i precedenti progetti individuati nella stessa area. Storie di pasticci pubblici e di errori, presunzioni, furberie e capacità sovradimensionate dei precedenti operatori. Ora sostituiti da un cartello di imprese che si accollano l’onere di realizzare e pagare il cosiddetto campus di Beata Giuliana. Tra l’altro inserito in un contesto urbano che prevede, a poche centinaia di metri, la riqualificazione della ex Mizar e la costruzione dell’ospedale unico tra Busto e Gallarate. Interventi destinati a scompaginare la zona, non solo dal punto di vista viabilistico.

Il diffuso scetticismo deriva dal fatto che nessuno in conferenza stampa (ne dà conto in un altro articolo Andrea Aliverti) ha precisato chi caccerà i cospicui finanziamenti. Un prestito del credito sportivo? Probabili contributi per le Olimpiadi del 2026? Elargizioni di munifici operatori? E se anche fossero già a disposizione i soldi, sarà possibile rientrare nei costi? E in quanti anni? Pare esista un business plan che assicurerebbe di ammortizzare l’investimento. Ma è tutto e solo sulla carta. E ancora, quali sono le garanzie bancarie che puntellano l’intera operazione?

Sappiamo troppo poco per essere fiduciosi. E quello che sappiamo non depone per il necessario rasserenamento: il gruppo di aziende si è formato e subito riassestato: la prima capogruppo si è dovuta ritirare per mancanza di requisiti giuridici (è fallita), l’azienda sarda di costruttori, la più affidabile della compagnia, si è chiamata fuori. Premesse che parlano da sole. Nel frattempo c’è chi vagheggia il “sogno olimpico” di Busto Arsizio. Forse sarebbe necessario tenere i piedi ben saldi a terra, per evitare che il sogno si trasformi nell’ennesimo bluff. Al quale, nessuno a Palazzo Gilardoni, osa pensare: prima delle Olimpiadi ci sono le elezioni. E non vorremmo che, gira e rigira, per non essere presi in giro, tutto questo affannarsi dell’esecutivo sia, in realtà, funzionale alle urne. Passate le quali, anche sognare non servirebbe più.

Busto svela il Campus sportivo di Beata Giuliana: due anni per completarlo

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