Pasticci e bisticci. Centrodestra varesino schizofrenico

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Se le parole del leghista Stefano Gualandris fossero vere (e non abbiamo dubbi sul fatto che non lo siano), stringi stringi, la questione politica posta sul tavolo provinciale da Forza Italia altro non era che una questione di poltrone. Poiché, restando sempre alle dichiarazioni del commissario del Carroccio, il tanto invocato equilibrio all’interno della coalizione si è risolto con la promessa per i berlusconiani di: un posto da vicesindaco, una presidenza in consiglio comunale (pozione più che di sostanza di prestigio) e la presidenza della Provincia, che però suona a tutti gli effetti come un “assegno scoperto” visto che i numeri del voto ponderato non depongono in maniera certa per il centrodestra.

“Possibile?”. Perché è questo che ci si chiede dopo il sigillo leghista sulla quadra ritrovata. Cioè: possibile che Forza Italia, dopo il lavoro fatto per risvegliare l’interesse dei moderati, per tirare le fila dei centristi esuli e frazionati in gruppi e gruppuscoli, per portare al centro del dibattito una questione più politica che di posizioni, arriva al momento del dunque e, anziché tenere la barra dritta, sbraca su tutta la linea e si accontenta di un piatto di lenticchie o poco più?

No, non è possibile. E lo dimostra la reazione dell’ex sindaco di Gallarate Nicola Mucci. Il quale ha la forza di uscire allo scoperto e di dire in due parole che fino a questo momento “Forza Italia non ha certo scherzato”. Anzi. Presa di posizione coraggiosa quella del forzista gallaratese. Forse avventata se si pensa che i berlusconiani non possono contare sui numeri elettorali dell’epoca aurea. E nemmeno sulle truppe cammellate che un tempo facevano la differenza. Ma Nicola Mucci (che è l’unico a parlare ma non il solo a pensare che l’accordo di ieri fa acqua da tutte le parti) conosce le debolezze del suo partito, ma anche quelle di Lega e Fratelli d’Italia e sa che i due maggiori azionisti sovranisti non possono permettersi di “mollare” a cuore leggero gli azzurri se davvero vogliono continuare a governare a Gallarate e a Busto e cercare di riprendere in mano Varese.

Insomma, il mostrare i muscoli di leghisti e meloniani è una strategia che non convince nemmeno gli stessi esponenti di centrodestra. Tattica funzionale più che a risolvere i problemi, a camuffare le difficoltà e a tappare le falle di quella che un tempo era una vera e propria corazzata imbattibile e che oggi invece, sotto sotto, teme di essere infilzata. Nel segreto dell’urna anche dal fuoco amico. Com’è è già successo (in ordine di grandezza) a Origgio, Somma, Luino, Saronno e nella vicina Legnano.

Se poi si aggiunge il fatto che delle tre candidature a sindaco due non soddisfano a pieno gli alleati (Cassani a Gallarate e Antonelli a Busto) e una resta, checché se ne dica, contornata da un alone di mistero: Roberto Maroni a Varese. Bobo, appunto. Che oggi è il candidato condiviso, ma domani o dopo domani chissà. Certo, solo lui potrà confermare la sua candidatura, oppure annunciare il passo indietro e riaprire i giochi anche per Forza Italia.

Ma stiamo al qui e ora. In questo momento l’unica cosa certa dentro al centrodestra del Varesotto è la confusione. Perché a oggi, nemmeno i protagonisti seduti ieri al tavolo provinciale hanno compreso fino in fondo se l’accordo sia stato davvero raggiunto oppure no. E se non l’hanno capito loro, figuriamoci gli elettori.