Politica degradata, giunte debilitate

Nel centrodestra del Varesotto c’è sconcerto. Ovvio, all’indomani del repulisti che la magistratura ha operato in un certo settore della politica, inquinato dall’illegalità. Vero o presunto che sia, il sistema portato alla luce dalla procura di Milano non può che lasciare sconcertati. E generare smarrimento nelle truppe e non solo. Al punto che a cinque giorni dalla raffica di arresti e coinvolgimenti giudiziari per il reato di concussione, i vertici di Forza Italia, il partito al centro dell’inchiesta, non hanno ancora proferito parola. Lasciando nel loro smarrimento le truppe. E con le truppe gli amministratori pubblici che fanno riferimento ai berlusconiani, i loro alleati e tutti coloro che si erano affidati e ancora si affidano a Forza Italia.

Un silenzio che denota appunto lo sbigottimento per una vicenda peraltro annunciata dai comportamenti in essere di alcuni dei suoi protagonisti, dinamiche note a molti, tenute sottotraccia (faceva comodo così) al punto da abbozzare oggi di fronte a quanto emerso dalle indagini. Nessuno venga a dire che non si sapeva, non lo dicano soprattutto coloro i quali avevano frequentazioni istituzionali o politiche con i gestori del consorzio che faceva capo a Nino Caianiello, a partire da sindaci e assessori. Non potremmo credere alle loro giustificazioni, così come non riusciamo a credere alla loro sorpresa per quanto accaduto. E per quanto ancora dovrà accadere sia sul piano giudiziario sia su quello politico.

Ai magistrati il compito di completare le indagini, al di là delle possibili considerazioni forcaiole o garantiste soffermiamoci invece sulle conseguenze politiche. Lunedì 13, la coordinatrice regionale forzista, Mariastella Gelmini, riunirà parlamentari, consiglieri regionali e amministratori lombardi a Milano. Sarà il momento di tirare le somme per lo tsunami abbattutosi sul partito proprio alla vigilia delle elezioni. E sarà anche il momento per tracciare le contromosse e ridefinire i nuovi referenti locali, che risulteranno pur sempre tardivi.

Nel frattempo, la Lega ha messo i puntini sulle i, dettando le proprie condizioni agli alleati di centrodestra. Certo, la coalizione non si discute, ma è una scelta d’opportunità per affrontare le urne tra due settimane. Dopo di che, liberi tutti. O quasi. Le amministrazioni di Busto Arsizio e Gallarate, benché soggette a possibili rivisitazioni negli organigrammi delle giunte e delle partecipate, per il momento rimangono in piedi. Ma in modo precario a causa di una Forza Italia che ha perso consistenza e, manco a dirlo, autorevolezza. Se alle europee perderà anche voti avrà facile gioco la potente componente del Carroccio che spinge per rompere subito l’intesa. In bilico c’è soprattutto l’esecutivo di Andrea Cassani a Gallarate, il più esposto ai rigori dell’inchiesta milanese.

Ma se Gallarate piange, Busto Arsizio non ride. A Emanuele Antonelli, primo cittadino a Palazzo Gilardoni, la Lega riconferma fiducia. Se però vien giù Gallarate, l’effetto domino potrebbe rivelarsi inevitabile. E con Gallarate e Busto, pagherebbe pegno la Provincia. Supposizioni, certo. Lo scenario è però tutt’altro che rasserenante. Pleonastico illustrarne i motivi alla luce di quanto tutti sanno oramai, a cominciare dal tessuto politico che rivela il degrado etico che l’ha guastato. E che per essere recuperato abbisogna di una scatto di generale responsabilità morale, al momento irrintracciabile.

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