Quo vadis, Europa? La risposta di Rocco Buttiglione

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Luigi Patrini

di Luigi Patrini

Profondamente utile, molto vivace e partecipato dai numerosi presenti l’incontro promosso dal Centro Culturale Tommaso Moro di Gallarate con il professor Rocco Buttiglione sul tema “Quo vadis, Europa?”, dove vai, Europa. Incalzato da numerose domande poste dal Centro culturale e da diversi partecipanti all’incontro, l’ex Ministro alle politiche comunitarie, protagonista di una vicenda vergognosa che lo portò a essere rifiutato come membro della Commissione Europea (rifiutando ogni tipo di discriminazione, aveva però osato dire che l’omosessualità è una sessualità “disordinata”), ha risposto molto puntualmente, evidenziando una grande conoscenza e competenza sulle questioni proposte, perfettamente conosciute grazie anche ai numerosi rapporti personali che egli intrattiene con autorevoli esponenti di spicco di tutti i Paesi dell’Unione Europea.

Molte le domande: perché molti cittadini europei e molte delle forze politiche che ne esprimono gli orientamenti faticano oggi a riconoscere l’Europa come “Casa comune”, che ci appartiene e alla quale noi stessi apparteniamo? Il processo di integrazione europea è sempre stato altalenante tra una prospettiva federale ed una, più debole, tendente alla Confederazione: come mai? Come mai già De Gaulle, anticipando gli odierni “sovranisti” parlava di un’“Europa delle Patrie”? Perché neppure l’introduzione della moneta unica ha favorito l’integrazione?

Anche il recente dibattito che ha preceduto le elezioni del 26 maggio, forse le più drammatiche e difficili dal 1979, ha confermato che il nodo fondamentale, che ha reso difficoltoso il processo di vera integrazione degli Stati dell’Unione Europea, è di natura culturale. Come mai non riesce a decollare una politica comune tra gli Stati membri? Buttiglione lo ha confermato: dopo l’avvio pieno di speranza negli anni 50, con il passar del tempo il discorso politico si è impoverito e l’assenza della Politica ha facilitato l’affermarsi di un peso preponderante dell’apparato burocratico. Momenti di rilancio del progetto culturale sono stati il 78 e l’82. Il 1978 vide l’elezione del Papa Polacco, grande teorico dell’Europa unita, capace di respirare con “due polmoni”, quello occidentale e quello dell’Est europeo: due tradizioni diverse che ben si affiatavano per sostenere un progetto unitario, cosa che alimentò molte speranze e sostenne il tentativo di Helmut Khol, nominato cancelliere tedesco nel 1982, che ebbe il coraggio di sostenere i costi dell’unificazione delle due Germanie dopo il crollo del Muro di Berlino.
Poi la Politica cominciò di nuovo a traccheggiare e prevalse ancora la burocrazia.

Che fare? Secondo Buttiglione occorre rilanciare la spinta ideale e la cultura dei doveri (non solo quella dei diritti!); soprattutto occorre dare voce ai popoli! Buttiglione “sovranista”? No assolutamente, ma ben consapevole che occorre dare voce ai Popoli dell’Europa, perché ciascuno capisca che per essere veri Europei occorre essere veri Francesi, veri Italiani, veri Tedeschi, veri Polacchi…. Insomma: occorre rilanciare il discorso delle “radici cristiane”, che fu tanto caro a San Giovanni Paolo II e che fu ivece – salvo poche eccezioni – sempre inviso al laicismo strisciante delle classi dirigenti e intellettuali europee. Grande potrà essere in quest’ottica il ruolo della cristianità, se saprà capire questo Pontefice Argentino, così capace di entrare in sintonia con le aspirazioni dei Popoli Europei e dei Popoli di ogni continente.

Buttiglione ha un progetto impegnativo sul piano culturale: venuto a Gallarate di ritorno dalla Polonia, in questi giorni sta “pellegrinando” ancora tra Spagna, Polonia, Germania, Messico e Argentina per tessere una trama di rapporti tra alcune Università di prestigio. Perché si avvii un progetto culturale di approfondimento della storia e della tradizione dei Popoli, aiutandoli diventare soggetti attivi e protagonisti di un processo di integrazione e di pace

Il sovranismo ha vinto in Italia, ma non in Europa: questo strano continente che nessuno, venendo da Marte, saprebbe riconoscere perché geograficamente è solo una piccola appendice dell’Asia, è salvo. Il nostro è un continente “culturale”, il più piccolo dei continenti,, ma quello che ha influito più di tutti sulla vita, sulla storia, sulla cultura di tutti gli altri. Siamo un continente piccolo, ma con tante lingue, tante tradizioni e tante storie diverse: tante, tantissime diversità, eppure abbiamo una cultura che ha radici comuni, quelle radici greco romane sulle quali 2000 anni fa si è innestata la tradizione ebraico cristiana. Forse abbiamo ancora qualcosa da dire a questo nostro mondo inquieto, pieno di tensioni e di contraddizioni e tanto desideroso di pace e di vera fraternità.

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