Repubblica Centrafricana sull’orlo del baratro

Dopo la rielezione del Presidente Touadera si riaccende la guerra civile

di Niccolò Meroni

Da tempo ormai la dialettica politica nella Repubblica Centrafricana non è più contraddistinta da dibattiti parlamentari, bensì dal fragore dei colpi d’arma da fuoco esplosi in tutta la nazione. La rielezione del presidente Faustin-Archange Touadera, che alle elezioni del 27 dicembre 2020 ha ottenuto il 53,9% delle preferenze, non ha posto fine alle numerose lotte intestine tra gruppi armati presenti sul territorio.

La crisi politica ed istituzionale del paese è iniziata nel 2013, quando l’allora presidente François Bozizé viene deposto e costretto a lasciare il paese a seguito del golpe orchestrato dal gruppo armato di matrice islamica Séléka. La caduta del regime di Bozizé ha incendiato la già delicata situazione politico-sociale presente nella Repubblica Centrafricana: guerriglia tra i gruppi armati cristiani e musulmani, massacri fra la popolazione e terrore hanno costretto la Francia ad intervenire sotto l’egida della missione delle Nazioni Unite “MINUSCA” del 2014.

Le elezioni del 2016 hanno sancito la vittoria di Touadera, già primo ministro sotto la presidenza Bozizé. Il nuovo presidente non è però riuscito a mantenere il pieno controllo dei territorio: le regioni settentrionali tutt’oggi rimangono occupate dai ribelli. Per tentare di stabilire una pace duratura, nel febbraio 2019 è stato siglato un accordo tra le forze governative e i 14 gruppi armati. Tale decisione si è rivelata però inconcludente.

All’alba delle nuove elezioni di fine 2020, infatti, la Corte Costituzionale ha rigettato la candidatura dell’ex presidente Bozizè: una decisione che ha scatenato le proteste armate contro il governo. Lo scorso dicembre, la Coalition of Patriots for Change (CPC), a capo della rivolta, ha intensificato gli attacchi nella capitale Bangui, facendo strage tra la popolazione. Il capo dei ribelli Abacar Sabone ha dichiarato: “Non c’è differenza nell’aggrapparsi al potere come fa Touadera e nel prendere il potere con le armi”.

A seguito della proclamazione della vittoria di Touadera, la CPC è passata al contrattacco: lo scorso 3 gennaio la coalizione di ribelli ha occupato la città di Bangassou nel Sud del paese mentre il 13 gennaio è stato lanciato un nuovo attacco su Bangui, respinto per l’ennesima volta dai caschi blu dell’ONU. Il neopresidente eletto ha fermamente accusato Bozizé – su cui tra l’altro pende un mandato d’arresto internazionale per crimini contro l’umanità e istigazione al genocidio – di essere coinvolto nelle azioni di violenza: “A capo di questa associazione di criminali c’è l’ex presidente François Bozizé sostenuto dai suoi alleati politici. Gli attacchi hanno lo scopo di rovesciare le istituzioni della Repubblica Centrafricana e porre fine al processo democratico” ha dichiarato Touadera.

La crisi politica va a sommarsi all’emergenza umanitaria che infuria nella Repubblica Centrafricana da decenni e che vede vivere i 5 milioni di abitanti in condizioni di povertà assoluta. Ad oggi, l’evolversi della situazione rimane incerta. È da sottolineare come, nonostante le terribili circostanze vigenti nel paese, circa 910.000 persone si siano registrate per votare, facendo schizzare la percentuale d’affluenza al 76,3%. È un dato eccezionale che testimonia come il popolo centrafricano continui a perseverare – dopo tante atrocità e sanguinosi massacri – una consistente fiducia verso le istituzioni. Una lezione a quelle nazioni in cui ormai si dà per scontato il diritto di voto, la libertà e la democrazia.

REPUBBLICA CENTRAFRICANA