Sanità lombarda tra luci e ombre: tre casi eclatanti al vaglio della magistratura

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MILANO – Si parla sempre di eccellenza della sanità in Lombardia, dei cosiddetti viaggi della speranza che tanti, soprattutto dal Sud, compiono nella nostra regione per trovare cure adeguate. Eppure le ombre sul sistema sanitario lombardo non sono poche. Ne sono un esempio tre episodi che hanno recentemente creato clamore mediatico anche per le conseguenze giuridiche.

All’ospedale di Vimercate (Monza) un medico e un’infermiera sono stati indagati dalla Procura, e ne è stato chiesto il rinvio a giudizio, per la morte di un’anziana dovuta a un’errata trasfusione di plasma causata da un’omonimia. All’ospedale Humanitas di Milano tre medici sono stati indagati perché, secondo l’accusa, dopo aver perforato l’utero di una paziente durante un raschiamento per un aborto spontaneo non le hanno subito asportato l’organo provocandone la morte per emorragia. All’ospedale Fatebenefratelli, sempre del capoluogo lombardo, sono a processo due medici che hanno asportato due anni fa il rene sano, invece che quello ammalato di tumore, ad un pensionato venuto da Reggio Calabria e all’epoca 85enne.

Asportato il rene sano

E’ il caso di partire da quest’ultimo episodio particolarmente grave per la incomprensibile ‘catena’ di errori – l’operazione sbagliata è stata ammessa – che hanno portato a conseguenze irreparabili. Venuto da Reggio Calabria a Milano per l’asportazione del rene destro affetto da tumore al nosocomio milanese, ritenuto un centro d’eccellenza, un anziano pensionato ha subito per errore l’asportazione di quello sinistro sano. Per questo motivo, Giuseppe Calabrò, oggi 87 enne, ex insegnante, è a rischio della vita: per evitare l’espandersi della neoplasia è costretto a continue terapie endoscopiche nel capoluogo lombardo, con viaggi dalla sua regione, fino a quando dovrà comunque togliere il rene ammalato essendo costretto per sempre alla dialisi anche perché vista l’età non può subire trapianti. Il pm Tiziana Siciliano ha emesso un decreto di citazione diretta a giudizio di due medici: l’allora responsabile di Chirurgia Generale e primo operatore e il secondo operatore ritenendo abbiano agito “con negligenza, imprudenza e imperizia”. L’avvocato Fortunato Renato Russo ha spiegato che Calabrò – operato il 5 dicembre 2017 – si è costituito parte civile e ha chiesto un milione e mezzo di danni. “L’aspetto incredibile – ha denunciato il figlio Fortunato, un ufficiale medico e quindi esperto del settore – è che nessuno segnò con il pennarello il rene da operare. Mio padre ha la vita distrutta, o meglio quel poco che gli rimane da vivere. Ci siamo costituiti parte civile con l’obbiettivo di evitare che errori inscusabili come questo si ripetano“. “Sono qui perché spero che questo mio caso possa essere di monito per altri. Oggi si fanno moltissimi interventi senza guardare il risultato, il mio è stato solo un caso eclatante fra tanti altri casi”, ha detto Giuseppe Calabrò dopo la prima udienza.

Perforato l’utero

Molto grave è stato un presunto altro errore che ha provocato la morte di una paziente, una donna di 40 anni, all’Humanitas considerata anch’essa all’avanguardia e di altissimo livello clinico. Il 12 aprile del 2018 la signora subì l’aborto spontaneo del bimbo che portava in grembo, poi è morta dissanguata poiché, per l’accusa, i medici non le hanno tempestivamente asportato l’utero che le avevano per errore perforato durante il raschiamento di routine. Le hanno fatto trasfusioni di sangue ma non, “come previsto in tali casi, l’immediata isterectomia totale, intervento che le avrebbe di certo salvato la vita”. Per questo tre ginecologi della struttura di Rozzano sono finiti sotto inchiesta con l’accusa di omicidio colposo e ora rischiano il processo. A chiedere il rinvio a giudizio degli allora direttore, aiuto e assistente del Dipartimento di Ginecologia e Medicina della Riproduzione dell’ospedale alle porte di Milano – che in una nota “esprime il proprio forte e sincero rammarico per quanto accaduto, nonostante tutti gli sforzi profusi” – è stato il pm Mauro Clerici, titolare dell’indagine nata dalla denuncia del compagno della signora.

La trasfusione sbagliata

Infine la terza operazione andata male che ha avuto a sua volta un seguito irreparabile. Un medico e un’infermiera sono indagati dalla Procura di Monza per il decesso dell’84enne Angela Crippa, morta in ospedale a Vimercate (Monza) per una errata trasfusione di sangue. I due professionisti, a quanto emerso, erano di turno quando l’anziana, sottoposta a intervento chirurgico al femore l’8 settembre scorso, ha subìto la trasfusione di plasma poi rivelatosi di un’altra omonima paziente. L’ipotesi di accusa per medico e infermiera è di omicidio colposo. La direzione ospedaliera ha confermato lo scambio di sangue destinato a un’altra donna con lo stesso cognome della signora Crippa. Il sistema immunitario di quest’ultima ha reagito al plasma errato “divorandolo”, portandola alla morte dopo due giorni.
Tre episodi terribili. Certamente i medici e gli operatori sanitari non volevano che curare al meglio i malati, ma qualcosa non ha funzionato ed è più di un qualcosa. La Regione Lombardia, come è prassi, sta ricostruendo con precisione cosa possa essere successo con l’obbiettivo che errori del genere non si ripetano. E gli ospedali hanno espresso la loro vicinanza alle vittime. Le ombre sulla sanità lombarda, però, non scompaiono.

Angela Bruno

 

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