Diciassette mesi per un’ecografia al seno. E non è soltanto colpa del coronavirus

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MILANO – Da quando è esplosa la pandemia Governo e Regioni hanno assicurato il potenziamento del Servizio sanitario nazionale (Ssn) sia in termini di strutture ospedaliere che di interventi sul territorio. Anzi hanno garantito l’analisi di carenze e inefficienze perché non si ripetano gli errori evidenti nell’affrontare il Coronavirus e un ripensamento complessivo del sistema con risorse e finanziamenti adeguati. La realtà però pare assai diversa dalle promesse. L’episodio di cui scriviamo è emblematico dell’indifferenza di sanità, politica e informazione a un modello che non garantisce – è evidente – cure e prevenzione.

I tempi, le code, per ottenere una prestazione sono sempre stati uno dei problemi – uno dei tanti talloni di Achille del Ssn – ora aggravati in maniera drammatica dai ritardi determinati dal Covid: decine di migliaia di interventi e di visite da recuperare. Qual è la risposta sul campo. Eccola, in un articolo dell’agenzia di stampa Ansa uscito nei giorni scorsi.

“Diciassette mesi di attesa per un’ecografia bilaterale al seno e cinque per una mammografia bilaterale: sono queste i tempi che si è sentita proporre, nei giorni scorsi, una professionista milanese al Centro unico di prenotazione (Cup) della Regione Lombardia.
La donna, 44 anni, sposata, un figlio di 8 anni, una predisposizione familiare alle patologie oncologiche, è rimasta “sconcertata”. “Ovviamente ora la scusa sarà il coronavirus – afferma all’Ansa -. Ma non avevano detto che avrebbero concentrato da subito finanziamenti e risorse per garantire la sanità pubblica? E’ ovvio che dovrò andare privatamente e comunque in questa maniera si impedisce la prevenzione e aumenteranno i morti per tumore. La mia situazione personale è irrilevante, la politica sanitaria è il punto”. In particolare per l’ecografia il primo posto disponibile – le è stato detto in relazione alle disponibilità nel capoluogo lombardo – è nel dicembre 2021, per la mammografia è il 3 dicembre prossimo, data per ora fissata alla Macedonio Melloni dalla paziente che però ha spiegato che con ogni probabilità andrà prima pagando nel privato”.

Il pezzo è stato pubblicato anche sul sito. Ebbene la Regione si è ben guardata dal replicare, il giorno dopo i quotidiani non hanno riportato nemmeno cinque righe sul gravissimo disservizio, nessuno se ne è occupato. Parole al vento. Ed è molto facile capire il perché. Con oltre 35 mila morti ufficiali in Italia per il Coronavirus di cui quasi 17 mila in Lombardia – più chissà quanti altri decessi non diagnosticati e decine di migliaia di guariti rimasti malati con cronicità cardiache e polmonari a stare stretti – la prevenzione di un tumore al seno cosa volete che sia. E qui sono necessarie alcune riflessioni. Primo: il cancro al seno è particolarmente aggressivo e va preso per tempo per avere la speranza di guarire. Secondo: tutti i tumori e tutte le patologie se prese tardi possono rivelarsi fatali. Diciassette mesi per una ecografia al seno e cinque per una mammografia è come dire che non servono a niente. O si paga, o si rischia. Una vergogna aggravata dalla propaganda dell’attenzione – da ora in poi – al malato e alla Sanità.

Ultimo pensiero: casi come questi sono all’ordine del giorno, ma sempre hanno destato attenzione, sdegno, risposte. Il fatto che oggi tutto passi in cavalleria dimostra ancora di più che il Coronavirus continua a uccidere anche quando non uccide direttamente.

Angela Bruno

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