Saronno, parla Cazzaniga: “Soffrivo per la morte dei pazienti”

SARONNO – Parla Leonardo Cazzaniga, il dottor Morte, vice primario del pronto soccorso di Saronno, accusato di 14 omicidi (11 in ospedale e 3 tra i familiari di Laura Taroni): “alleviavo le sofferenze dei pazienti”. . Parla in risposta di una delle testi chiave del processo a suo carico. Angeli e Demoni il nome dell’indagine che ha scosso l’Italia intera: Cazzaniga voleva alleviare la sofferenza dei suoi pazienti, oppure è un assassino a sangue freddo che si crede Dio e decide della morte altrui? Dalle testimonianze è emerso un fatto: a Saronno in molti sapevano e nella migliore delle ipotesi non avrebbero capito. Mentre alcune denunce furono sottovalutate dagli inquirenti.

“Si credeva Dio: decideva della vita dei pazienti”

Stando alla testimonianza di Elena Soldavini, medico dal 2008 al febbraio 2018 al pronto soccorso di Saronno, Cazzaniga “applicava il suo protocollo ai malati terminali”. In particolare Il caso che ha acceso l’allarme nella dottoressa è quello di Angelo Lauria. “Arrivò in codice verde – ha detto in aula oggi la teste – ci avevano parlato di un malato terminale ma questo non poteva giustificare un codice verde. Codice verde: così il caso è stato valutato al traige. Era morto poco dopo. Fu quello a farmi insospettire”. Soldavini ha descritto Cazzaniga come un “malato psichiatrico”, affetto da “delirio di onnipotenza” che godeva “nello stabilire il momento della morte del paziente”. Di fatto è questo il fulcro del processo. Cazzaniga secondo l’accusa, voleva essere dio: stabiliva chi doveva vivere e chi doveva morire. Tra l’altro, nel periodo in questione, il dottor Morte era sotto cure psichiatriche. “Pensavo lo facesse per dare sollievo a pazienti terminali. Ma almeno in due casi, uno fu quello di Lauria dove ero presente”, ha detto la teste. I pazienti in questione “non erano così gravi. Quelle morti mi insospettirono”.

“Solo gesti pietosi: fare altro sarebbe stato accanimento”

E’  a questo punto che Cazzaniga, al termine della deposizione ha rilasciato, in pochi secondi, una spontanea dichiarazione. “Non ho mai provato gusto nel veder morire i pazienti – ha detto – la morte del paziente mi provoca autentico dolore. E’ vero in quel periodo ero in cura da uno psichiatra, assumevo medicinali per delle terapie”. Cazzaniga si è concentrato quindi sul caso Lauria, che lo chiamava direttamente in causa: “Lauria arrivò con una frequenza di 40 battiti respiratori al minuto – ha detto in aula – era una grave crisi respiratoria che da sola giustificava il decesso. Ho praticato cure palliative allo scopo di alleviare la sofferenza. Intubarlo, tenerlo in vita in quella situazione non solo sarebbe stato accanimento terapeutico ma sarebbe anche stato desiderio di prolungare l’agonia”.

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