Solo la domenica è domenica

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Luigi Patrini

di Luigi Patrini

Più volte in anni recenti ho criticato la decisione di tanti Centri commerciali di tenere aperti i punti vendita la domenica e addirittura nei giorni di Natale e Pasqua, giorni che la tradizione del nostro Paese ha sempre considerato meritevoli di sospensione del lavoro, consentendo solo quelle attività di “servizio” (trasporti, ristorazione, ecc.) che aiutano a far sì che il giorno di riposo settimanale sia,ordinariamente, un giorno più “festoso”, perché la famiglia può stare insieme, fare una gita, andare a trovare amici e parenti lontani, uscire a mangiare al ristorante, ecc. Il vero giorno di “festa” coincide con la domenica. Con la “domenica” non a caso, perché il nostro Paese, piaccia o meno, ha una storia che ha portato gli Italiani a considerare quello il giorno di festa per eccellenza. Perché proprio quello e non il martedi o il giovedì? Non dobbiamo avere vergogna a dirlo: perché la domenica ricorda l’Evento più importante per l’umanità, la Resurrezione di Cristo! Sarebbe inutile fare un referendum per scegliere un altro giorno di festa; un giorno vale l’altro, ma la domenica, come ricordava Mario Riva (il famoso “Canzoniere”), la “domenica è sempre domenica”: è solo la domenica che è sempre e solo domenica!
Rispettare un giorno di festa che sia tale per tutti (chi lavora la domenica, di solito non lavora “tutte” le domeniche!) giova all’intera comunità civile, non solo a chi va a Messa (ormai ci vanno poco, purtroppo, anche tanti che continuano a definirsi cattolici), perché aiuta a non snaturare il lavoro stesso: non si dimentichi mai che si lavora per vivere e non si vive per lavorare! Vivere del proprio lavoro non è solo utile a guadagnare, ma anche e, forse, soprattutto per dare a ciascuno la possibilità di esprimersi e la soddisfazione di avvertire la propria utilità per l’intera comunità civile.
Mi fa piacere che in questi giorni la questione sia tornata alla ribalta. Non ho votato né Lega né M5S, ma mi fa piacere che membri dell’attuale Governo abbiano sollevato la questione. Mi chiedo se i cattolici DOC impegnati in passato in politica non sentano un po’ di rimorso per non aver saputo sostenere essi stessi in primo luogo una battaglia su questa questione: se si cede su una cosa così evidente e “popolare”, è chiaro che si va su un piano scivoloso e non si ha più alcun coraggio per opporsi al dilagare di comportamenti sociali che certo esistono, ma che non è lecito legittimare con leggi che, mentre “regolano” un fenomeno sociale, in realtà lo legittimano, facendo apparire “normale” ciò che “normale” proprio non è: non è una legge che può rendere buono e giusto ciò che giusto e buono non è perché non corrisponde al “progetto” della natura. Non si dimentichi l’antico detto “Non omne quod licet, honestum”: non tutto ciò che è consentito dalla legge è giusto!
 Per di più si può scommettere che l’apertura nei giorni festivi non aumenta in alcun modo la vendita di prodotti: gli acquisti domenicali non accrescono il nostro bisogno di vestiti, di scarpe, e neppure di alimenti; solo impedisce ai lavoratori di godere di un giusto giorno di riposo e di festa che coincida, il più possibile, per tutti i membri della famiglia, dai piccoli (le scuole sono chiuse; già: perché non andare a scuola anche la domenica?) agli adulti, soprattutto ai padri e alle madri che hanno bisogno di avere il tempo per stare insieme e per giocare con i loro figli! Il profitto dei grandi proprietari aumenta, probabilmente (se no, non pretenderebbero di aprire anche la domenica!), ma solo perché la grande distribuzione finisce così con l’assestare il colpo di grazia decisivo ai piccoli negozi di quartiere e agli stessi supermercati più piccoli.  A far pena non è solo chi passa le domeniche nei supermercati invece che nelle belle piazze e nei musei delle nostre città o nei bellissimi ambienti naturali di cui disponiamo, ma sono soprattutto i lavoratori, costretti a servire padroni sempre più esigenti, pagando per primi il prezzo di una liberalizzazione selvaggia che distrugge il benessere di tante famiglie. Le stesse catene commerciali pretendono in Italia ciò che in altri Paesi (per esempio Germania e Francia) non osano neppure proporre, ben sapendo che la tutela di certi diritti viene prima di altri! Non è solo questione di rispettare la religione: alla radice c’è il mancato rispetto della dignità della persona.  La domenica e le feste più amate dalla tradizione  popolare vanno rispettate: la festa deve essere riservata alle relazioni umane, alla vita in famiglia, al sano svago che aiuta la “ricreazione” del cuore e della mente. La festa non diventi il tributo da pagare al consumismo sfrenato che ottunde le menti e il cuore! Le liberalizzazioni selvagge distruggono il popolo e la sua anima: il Parlamento non se ne dimentichi!

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