Somma, più di 50 ospiti entrati a contatto col virus alla casa di riposo “Il Girasole”

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SOMMA LOMBARDO  – Undici decessi nel mese di aprile, di cui almeno 9 causati o concausati dal Covid, una persona ricoverata in ospedale in terapia sub-intensiva e altre 43 persone entrate a contatto con il virus in base ai risultati dei test sieriologici. Considerato che il numero complessivo degli ospiti all’interno della casa di riposo “Il Girasole “ di Somma Lombardo è 60, i dati ufficiali diramati oggi in videoconferenza dai vertici della struttura dipingono un quadro drammatico. Benché tempestivi, tutti gli sforzi fatti per cercare di contenere l’emergenza non sono riusciti a tenere la morte fuori dalla porta.

La notte del 24 marzo

Come spiegano il presidente Daniele Consonni e il direttore sanitario Antonino Maugeri, la prima direttiva avente a oggetto il Coronavirus è datata 24 febbraio. Le iniziali restrizioni e indicazioni per il personale, per gli ospiti e i loro parenti (a cui vengono negate le visite) diventano con il passare dei giorni più stringenti in base alle indicazioni in arrivo dall’Ats Insubria. «Spesso – sottolinea Consonni mostrando la documentazione – hanno addirittura anticipato le disposizioni dell’Ats». Ma ciò non basta. «La notte del 24 marzo abbiamo il primo caso sospetto, con febbre alta e sintomi respiratori», dice Maugeri. «Chiamamo il 112 per un eventuale trasferimento in ospedale, ma ci viene negato. Ci dicono di trattarlo come fosse un caso positivo e così abbiamo fatto, mettendolo in isolamento». L’argine però non regge. Già il giorno seguente altri tre pazienti hanno la febbre. Viene isolato l’intero secondo piano, poi il terzo, ma il contagio non si arresta. Sono giorni drammatici e la conta dei morti lo dimostrerà.

I numeri del contagio

L’1 aprile si registra il primo decesso. Ce ne saranno altri 10 dieci nelle due settimane successive, di cui 9 – ammette Maugeri – «pur senza un tampone a certificarlo sono dovuti al Covid come causa o concausa». I tamponi nel frattempo sono arrivati e sono stati eseguiti a tappeto, certificando la positività di 6 dipendenti asintomatici (a cui si aggiunge un settimo ricoverato in ospedale già da due settimane e in via di guarigione). Il Girasole li ha chiesti non appena è stato possibile, così come i test sierologici (prenotati 25 giorni fa con il costo totale a carico della struttura) che hanno dimostrato la reale portata del problema: sui 48 ospiti attuali, 43 sono entrati in contatto con il virus. Il tampone eseguito nella giornata odierna dirà quanti di loro sono ancora contagiosi, ma Maugeri – dopo due settimane drammatiche – ora vede la luce in fondo al tunnel: «Mi sento di dire che a livello clinico la fase grave secondo noi è superata».  Consonni e Maugeri vogliono esprimere un unico ringraziamento: «Al personale che, nonostante l’organico ridotto, sta lavorando con dedizione, passione e coraggio». Senza di loro il bilancio sarebbe potuto essere molto peggiore.

Perché tanti morti?

Ma perché il Coronavirus in soli quindici giorni ha ridotto di un quinto la popolazione del Girasole? I vertici provano a spiegare l’alto tasso di mortalità partendo da un dato oggettivo: non si tratta di una casa di riposo come le altre, ma di una struttura dedicata agli anziani non autosufficienti, con un’età media superiore alle altre Rsa e molto più fragili sotto l’aspetto clinico. Qui un raffreddore può essere letale, figurarsi una pandemia. Ma il Girasole ha un’altra particolarità: è collocato all’interno dell’ospedale di Somma, struttura in cui si sono registrati casi positivi di Covid tra il personale sanitario. «Abbiamo diversi spazi comuni, a partire dagli ingressi che sono condivisi», dice Consonni. «E dall’ospedale, è un dato di fatto, non sono arrivate direttive tempestive per mettere in sicurezza anche noi». Continua il presidente: «Il 13 marzo, sottolineo il 13 marzo, abbiamo mandato una Pec ad Ats segnalando difficoltà di approvvigionamento dei Dispositivi di protezione individuale (che nel frattempo sono poi arrivati). Non ci hanno nemmeno risposto». Consonni ha un unico cruccio («Se il nostro paziente zero lo avessimo potuto portare in ospedale forse avremmo rallentato il contagio»), ma una consapevolezza: quella di aver fatto il massimo e forse anche di più. Tanto che alle case di riposo del territorio con ancora zero contagi Maugeri dice: «Il mio consiglio è quello di prepararsi anziché festeggiare».

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