Strage della funivia, magistrati contro, verità in forse

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La procuratrice capo Olimpia Bossi e la Gip Donatella Banci Buonamici

A dieci giorni dalla strage della funivia del Mottarone, il quadro delle responsabilità è ancora da definire. Un’indagine di tale delicatezza, per un evento che conta ben quattordici vittime, ha bisogno di tempo per approdare a certezze che chiamino in causa chi o coloro dovranno rispondere delle loro azioni. Né è il caso di sposare tesi forcaiole in scia all’emotività per l’accaduto. Ma la contrapposizione tra la procura e l’ufficio Gip di Verbania rappresenta comunque una zona d’ombra nel merito delle prime fasi dell’inchiesta. Se da un lato la scarcerazione di due delle tre persone fermate vale a garanzia dei diritti degli indagati, dall’altro disorienta l’opinione pubblica rispetto alle notizie che riguardano l’utilizzo del famoso o famigerato forchettone che bloccava i freni d’emergenza. Una pratica che i conduttori dell’impianto avrebbero assunto come abitudine, non certo o non solo nel giorno dell’incidente ma addirittura, secondo alcune rivelazioni giornalistiche, da diversi anni.

Tutto vero? Se così fosse saremmo di fronte a una colossale e imperdonabile negligenza. Appunto, da parte di chi? La chiamata in correità del proprietario e del direttore della funivia, che il capo servizio ora agli arresti domiciliari sostiene fossero a conoscenza dell’utilizzo dei forchettoni, allarga il campo dei possibili quanto probabili corresponsabili. I quali fanno a scaricabarile, così da essere creduti dal Gip, Donatella Banci Buonamici, che li ha rimessi in libertà dopo il fermo di settimana scorsa.

“Le indagini comunque continuano” ha dichiarato la procuratrice capo Olimpia Bossi, titolare dell’inchiesta, affermando che se i vivi hanno dei diritti, così li hanno anche i morti. Si tratta di un’osservazione che sottende l’irritazione per le decisioni della sua collega per le indagini preliminari. Qui sta il punto, nelle divergenze procedurali e di merito, sullo sfondo delle quali vi sarebbero (lo scrivono alcuni giornali) divergenze di natura personale.

Non abbiamo contezza della veridicità di simili indiscrezioni. Nemmeno vogliamo pensare che sulla testa di quattordici, innocenti persone si concretizzi uno scontro non meglio definito, che, pur non esulando dalla sostanza dei fatti, sconfina (sconfinerebbe) in un terreno che non appartiene al campo del diritto né, tanto meno, della ragionevolezza. Un obbligo quello della correttezza comportamentale dei magistrati che, prima di tutto, appartiene al versante della morale e, in secondo luogo, al dovere supremo di accertare la verità. Per rispetto delle vittime, delle loro famiglie, di tutti noi cittadini. Aspetti che i magistrati di Verbania stanno di sicuro tenendo in stretta considerazione, al di là delle indiscrezioni e delle eventuali malignità.

Tragedia Mottarone, Tadini ai domiciliari. Liberi Nerini e Perocchio

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