Territorio sotto il segno del Bridge

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Il Basso Varesotto alla prova del Bridge, anglicismo per definire, mitigandone l’impatto con una parola straniera, il trasferimento per tre mesi dei voli di Linate a Malpensa. Le possibili conseguenze del “ponte” sono note e, per alcuni aspetti, già valutate. Ma sono previsioni sulla carta, la prova dei fatti è un’altra cosa, foriera di sorprese. Che debba andare tutto a schifio però non è vero: i problemi saranno soprattutto di ordine viabilistico e acustico, senza scordare gli aspetti ambientali. Che Malpensa non riesca a reggere l’aumento di traffico appare improbabile: i responsabili dell’attività aeroportuale, a cominciare da Sea e dagli organismi di controllo, hanno fatto i loro calcoli, sanno che le piste della brughiera possono sostenere la mole di decolli e atterraggi previsti nell’occasione. Ci mancherebbe, non foss’altro per una questione di sicurezza. A subire gli effetti indotti sarà il territorio e la sua rete stradale, già ora, senza Bridge a regime, insufficiente. E saranno i cittadini che abitano sotto le rotte degli aerei, vittime inermi dei passaggi a bassa quota dei jet, a pagare il prezzo più salato di quanto capiterà sopra le loro teste.

Si poteva fare diversamente? Non siamo degli esperti di gestioni aeroportuali per affermare se sarebbe stato possibile suddividere i voli di Linate tra gli scali lombardi, in primis Orio al Serio. Né ci sovvengono soluzioni alternative capaci di ridurre l’impatto sul Gallaratese. Supponiamo però che sia più facile concentrarsi su un’unica realtà, specialmente se questa, come Malpensa, offre strutture e servizi di prim’ordine, come devono essere per un aeroporto intercontinentale che punta a ridiventare un hub.

Certo, i sindaci dell’area pretendono un maggiore coinvolgimento e, se possibile, soluzioni chiare, che non siano modificabili all’ultimo momento come accadrà con i decolli e gli atterraggi dei primi dieci giorni di Bridge. E’ una questione di rispetto del loro ruolo e dei sacrosanti diritti delle popolazioni. Da sempre penalizzate rispetto alla presenza di Malpensa che, è vero, produce occasioni occupazionali e benessere, ma anche grattacapi e pesanti guai mai risarciti a sufficienza. Vogliamo riparlare, ad esempio, della famosa tassa d’imbarco e delle sue briciole stornate ai Comuni? O della tassa sul rumore (Iresa) non ancora applicata in Lombardia a differenza di altre regioni del Belpaese? Non si tratta di faccende secondarie, caso mai di questioni prioritarie e concrete, che rivelano i principi di una classe dirigente che dovrebbe occuparsene senza esitazione e invece, a volte, finge di non accorgersene. Quasi che Malpensa fosse un problema che trascende il territorio.

Intanto, in brughiera faranno di nuovo base gli aerei di Alitalia, l’ex compagnia di bandiera che preferisce Fiumicino a Malpensa. Un ritorno a tempo del vettore tricolore, squassato da tutto quel che si sa e sostenuto senza se e senza ma proprio dalla politica. Annotazione cronachistica a fronte di un contesto che da sabato 27 rimodellerà la zona attorno allo scalo, i paesi e le principali strade di scorrimento. Una per tutte: la superstrada 336, famosa e famigerata arteria che sopporta la quota maggiore di traffico da e per Malpensa. Reggerà? In bocca al lupo, e se possibile prendiamo il treno.

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