Tra boom economico e recessione

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di Antonio Laurenzano
Come sarà il 2019? Sarà un “anno bellissimo” o un “annus horribilis”? L’anno del boom economico o l’anno della recessione? Per il premier Conte, folgorato dalla profezia del suo vice Di Maio, “l’Italia ha un programma di ripresa incredibile, c’è tanta determinazione da parte del governo, abbiamo pensato a una manovra espansiva e siamo pronti per questo scatto.”
Altro che boom, l’Italia si è fermata! Proprio mentre il premier lanciava urbe et orbi il suo pensiero positivo sul futuro dell’Italia, quasi una professione di fede, l’Istat certificava la recessione tecnica della nostra economia, dopo cinque anni, a causa della flessione del Pil (-0,2%) per il secondo trimestre consecutivo. Una doccia fredda che raffredda ogni ottimistica previsione del Governo per il 2019: la crescita dell’1%, con la produzione industriale al ribasso, appare un obiettivo difficile da raggiungere. Esauriti gli strali contro gufi e rosiconi e accertate dal vicepremier Di Maio le colpe dei governi precedenti “per non averci portato fuori dalla crisi”, per l’altro vicepremier Salvini “alla fine di quest’anno avremo il segno più.” Così parlarono i “tre moschettieri”. Ma sarà così?
E’ vero che la frenata del Pil è legata al peggioramento del quadro globale (conflitti USA Cina) e quindi al rallentamento del ciclo economico europeo. E’ vero che la nostra economia, nella sua debolezza strutturale, presenta dinamiche di crescita distanti da quelle dell’Eurozona, ma non si può certo ignorare il clima di incertezza che ha accompagnato il travagliato varo della Legge di bilancio con il lungo e inutile braccio di ferro con Bruxelles. Un conflitto che ha determinato una forte volatilità sui mercati finanziari testimoniata dall’aumento dello spread con conseguenze sul debito pubblico e sul credito. Bruciati milioni di euro, in fumo consumi e investimenti.
laurenzano recessione governoE in recessione peggiora la finanza pubblica, peggiorano i saldi di bilancio con ricaduta sul debito che rischia di esplodere. Tutto ciò nella prospettiva del Documento di Economia e Finanza (DEF) di aprile con la necessità di reperire 23 miliardi per sterilizzare le clausole di salvaguardia e scongiurare l’aumento dell’Iva, un fattore aleatorio sui conti pubblici dal 2012. Il deficit rischia di schizzare al 3% del Pil. In questo scenario si ipotizza una manovra correttiva della finanza pubblica (smentita una patrimoniale sugli immobili), probabilmente tra i 4 e 7 miliardi di euro di cui, per strategia elettoralistica, si parlerà dopo le elezioni europee di maggio. Confindustria e Bankitalia hanno chiesto “un cambio di rotta per non andare a sbattere”. “Bisogna reagire subito, attivare gli investimenti pubblici e privati e riaprire i 400 cantieri, fra cui la TAV, già finanziati per 27 miliardi.”
Carente il programma di investimenti del Governo ridimensionati per il Reddito di cittadinanza e Quota 100, nella illusione di generare magici moltiplicatori di reddito con effetti espansivi. Non si cresce. In deficit, aumenta il debito per la futura generazione. La conferma arriva dalla raffica di tagli alle stime del Pil di questi giorni. Dopo quello dell’Upb, Ufficio parlamentare di bilancio, che prevede per l’anno in corso un Pil dello 0,4%, nelle ultime ore cattive notizie da Bruxelles. La Commissione europea vede nero sul futuro del Belpaese: “rischio di recessione prolungata” con una crescita per il 2019 pari allo 0,2%, la peggiore dell’Eurozona, quasi un punto in meno rispetto all’1% del Governo.
Cestinare dunque profezie e proclami! Rimuovere senza indugio l’incertezza di una politica economica che, secondo il report del Fondo Monetario Internazionale (FMI),“lascia l’Italia vulnerabile a una nuova perdita di fiducia del mercato anche in assenza di ulteriori shock”.
Un problema serio se si pensa all’ingente ammontare di titoli pubblici da collocare nell’anno sul mercato, pari a 340 miliardi per il solo rinnovo di quelli in scadenza. Il 2019, un “anno bellissimo”? Che prevalga il senso di responsabilità!
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