Treni e disservizi, mancava giusto lo sciopero

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Sono sempre giorni infausti per pendolari e normali frequentatori dei convogli Trenord. Ai cronici ritardi e alle quotidiane soppressione di corse a causa di guasti, carenze manutentive, errori di programmazione e scarsità di personale si è aggiunto lo sciopero di venerdì 6 luglio indetto da alcune sigle sindacali. Uno stop di otto ore, dalle 9 alle 17, che ha obbligato a cancellare oltre la metà dei treni in partenza. Pleonastico sottolineare che cosa la protesta abbia invece comportato per gli utenti. Anzi, per i mancati utilizzatori dei treni, costretti a ricorrere a mezzi alternativi o, nella maggioranza dei casi, a rinunciare al viaggio. Insomma, nuovi disagi e disservizi. Ai quali non ci si può abituare, benché siano diventate situazioni consolidate nel tempo, quasi una costante con cui dover fare i conti ogni volta che si entra in stazione. Questa volta però la rabbia è doppia; deriva da una libera scelta sindacale di segnalare con l’astensione dal lavoro le gravi lacune gestionali e tecniche del cosiddetto materiale rotabile e delle stesse linee ferroviarie. Oltre al danno c’è la beffa per chi, ignaro dello sciopero, ha osato pensare di servirsi di Trenord per spostarsi. Vero, le otto ore di sciopero hanno evitato di sovrapporsi agli orari di maggior frequenza dei passeggeri, ma questo non cambia la sostanza del problema. Che risiede, come si sa, in un contesto di precarietà a ogni livello della rete ferroviaria lombarda. Problemi datati e irrisolti. Se ne parla da tempo. La Regione Lombardia sta cercando di mettere mano alla governance di Trenord, ristrutturandola al vertice e nella composizione societaria. Ma per il momento, Attilio Fontana, governatore succeduto a Roberto Maroni, ha potuto soltanto scusarsi con i passeggeri per i reiterati intoppi di diversa natura. La qualcosa non è secondaria, dato il fastidio che la classe politica sembra generalmente proporre ogni qualvolta si tocca il tema. Eppure, sui treni si rischia addirittura di lasciarci la pelle. E’accaduto a gennaio a Pioltello, ricordate? Mercoledì scorso un cavo dell’alta tensione si è abbattuto su un convoglio della linea Gallarate-Milano. Per fortuna senza conseguenze per le persone a parte la comprensibile preoccupazione, se non addirittura panico di chi era a bordo. L’elenco delle situazioni pericolose è però lungo, quasi quotidiano. Come la casistica dei disservizi, infinita. A questo punto c’è da domandarsi quali siano le soluzioni possibili. Qualche mese fa, con Maroni presidente della Regione, è stato annunciato l’acquisto di una serie di nuove carrozze per un investimento plurimilionario. Ma ci vorranno anni prima che entrino a regime. Nel frattempo anche la rete vetusta abbisogna di una manutenzione continua, irrinunciabile. Nessuno può fare miracoli, è scontato. Ma la pazienza ha un limite, specialmente in un’epoca che viaggia a mille all’ora e ci vogliono ore per andare da Varese a Milano in treno. Non ci siamo. Né possiamo dire che lo sbocco risieda in uno sciopero, legittimo fin che si vuole ma utile soltanto ad aumentare la rabbia di chi paga caro il biglietto o l’abbonamento e pretende servizi perlomeno dignitosi.

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